Cultura e Spettacoli

La verità ha molte facce "Truth" ha quella di Redford

Bush jr. s'era "imboscato" per non combattere in Vietnam? Chissà... Nello scandalo (abortito) brilla l'anziana star. Con Cate Blanchett

La verità ha molte facce "Truth" ha quella di Redford

Manca la carta, al festival di Roma che risparmia su cartelle stampa e note informative, oltre che su star e lustrini: per saperne di più, collegatevi online. Così l'apertura con Truth (dal 5 gennaio 2016) docudrama politico che attinge al repertorio del thriller giornalistico - da Tutti gli uomini del Presidente del '76 a The Insider del '99 - porta l'aria del tempo: è crisi tremenda della carta stampata e del giornalismo vecchio stile. Quello dove le notizie non durano 20 secondi, stando alle stime relative a Internet, ma richiedono cinque giorni d'inchiesta: tanti servono alla squadra di Mary Mapes (il premio Oscar Cate Blanchett), giornalista e produttrice per la CBS, uno dei maggiori network tv Usa, per imbastire un'inchiesta scottante. Siamo alla vigilia delle elezioni presidenziali americane del 2004 e la popolare trasmissione 60 minutes , che entra nelle case con la bella faccia dell'anchorman Dan Rather (il premio Oscar Robert Redford, fascinoso nonostante lifting e dentiera), sgancia un siluro: il presidente in carica George W. Bush ha eluso il suo dovere di soldato, durante la guerra del Vietnam, grazie agli amici di famiglia. E s'è imboscato alla Guardia Nazionale. Il rampollo più amato del Texas, insomma, starebbe alla Casa Bianca da codardo privilegiato. Come procurarsi i documenti necessari a inchiodare Bush jr.? Facendo telefonate a raffica e pressioni su generali e veterani, Mary e Dan, legati da un matrimonio intellettuale, convincono i testimoni-chiave ad apparire in tivù, sporcificando papi Bush. Ma i documenti, cioè le «carte» come dicono i giornalisti d'inchiesta, non sono a prova di bomba: sembrano frutto d'una falsificazione al computer, non della macchina da scrivere, come usava ai tempi del Vietnam. Interessante il confronto tra font, caratteri e distanze tra parole vagliate da esperti calligrafi: si riflette sugli strumenti del comunicare. Il medium è il messaggio, sosteneva Marshall McLuhan: ecco i reporter ravanare in vecchi fascicoli, alla ricerca di un apice stampato da una macchina per scrivere...

Ovviamente la CBS viene attaccata dai media concorrenti e arriva a un passo dal crac. Poteri forti, o marci, la Mapes finisce sotto inchiesta interna: deve dimostrare la fondatezza della sua inchiesta. Non ci riuscirà e verrà licenziata col suo staff. Anche Dan Rather pagherà caro l'esplosivo report, preferendo dimettersi. Basato su una storia vera, ispirato al libro della Mapes Truth and Duty: the Press, the President and the Privilege of Power , l'esordio di James Vanderbilt, più noto come sceneggiatore di Spider Man , è un film complesso, che si presta a due piani di lettura. Il primo è quello sul rapporto tra giornalismo e politica. Il secondo, quello tra verità e faziosità: Mary è dipinta come socialista che detesta Bush e figlia ferita d'un padre abusante. In ritardo per colpa d'un aereo, ieri la Mapes non era all'incontro stampa.

Anche se Truth si focalizza sulla reporter in carriera - la Blanchett indossa cardigan in cachemere, pantaloni di sartoria ed è ben pettinata - Robert Redford svetta con la sua interpretazione del vecchio anchorman che crede nella libera informazione. Perciò beve, da deluso cronico. Negli Usa il film, un po' noioso per i suoi tecnicismi, è stato criticato: troppo tenero con i personaggi, nella vita vera usciti di scena sotto una nube di sospetti (né Mapes, né Rather hanno più lavorato, da allora). «Il senso di onestà intellettuale, nel giornalismo, è cambiato. Ora ci sono i blogger ed è più difficile fare giornalismo d'indagine.

Sarà che volevo fare il giornalista, ma per me i giornalisti sono come super-eroi», dice Vanderbilt.

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