Cultura e Spettacoli

Welser-Möst non è direttore da «Salome»

Un'opera di Richard Strauss e per di più un capolavoro come Salome ha sempre un fascino particolare al Festival di Salisburgo. La cittadina austriaca, con Monaco di Baviera e Dresda, è uno dei santuari storici del culto straussiano, un luogo dove ci si aspetta sempre di vedere e ascoltare le opere del grande compositore tedesco ai massimi livelli. A Salisburgo i mezzi economico-artistici per garantire standard esecutivi adeguati alle opere di uno dei padri fondatori del Festival ci sono ancora. Lo ha confermato l'edizione di Salome (in scena fino al 30 agosto), trasmessa dalla televisione austriaca ORF in cui si è distinta una Salome di raro valore: la lituana Asmik Grigorian, voce dal timbro che fende la sala e si mantiene intensa con magnetico potere di concentrazione fino alla fine. Altro elemento decisivo: in buca suona la Filarmonica di Vienna, mezzo esecutivo con pochi eguali anche nella formidabile tradizione straussiana. Più che la inquieta e cervellotica regia di Romeo Castellucci, sospesa in un tempo freudiano inizio secolo Ventesimo (col sangue limitato ai volti e senza la testa del Battista), ha colpito l'eccitata genericità dell'interpretazione musicale di Franz Welser-Möst.

Mistero eleusino che l'Austria che ha dato i natali a direttori d'orchestra straussiani dell'eleganza di Clemens Krauss, della solidità di Karl Böhm e del fascino sonoro di Herbert von Karajan, sia giunta ad avere come tedoforo straussiano un interprete che riesce a rendere enfatica e stanca un'opera di sconvolgente erotismo incandescente come Salome.

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