Cultura e Spettacoli

Zalone tra i migranti deridendo pro e contro

di e con Checco Zalone e con Alexis Michalik, Nassor Said Birya, Manda Touré, Nic Nocella

Un nuovo film di Zalone è atteso, soprattutto dagli esercenti, come l'arrivo della cometa di Halley. «Nostro signore degli incassi», infatti, sistema i conti in rosso del cinema, fino all'uscita successiva, ridando fiato a un movimento in perenne crisi. A distanza di un quadriennio da Quo Vado?, dunque, arriva Tolo Tolo, con la responsabilità e il peso di mantenere le enormi aspettative del pubblico. Per l'occasione, Luca Medici, ovvero Checco Zalone, non più in coppia con Gennaro Nunziante (e, purtroppo, si vede nella sceneggiatura) gira personalmente un film diverso dai precedenti, più ambizioso. Lasciare la strada vecchia e sicura per quella nuova, più sofisticata e impegnata, è una scelta coraggiosa. Che Zalone paga in termini di divertimento. La storia, in breve, è quella di Checco, uno che sogna di fare l'imprenditore aprendo un sushi a Spinazzola, ma fallisce, indebitando la famiglia e finendo per scappare in Africa. Una guerra lo costringerà, suo malgrado, a seguire una rotta di migranti, per tornare a casa. Si sorride, certo, ma molto meno rispetto, ad esempio, allo stesso Quo Vado? che, probabilmente, rappresenta la punta di diamante della sua cinematografia. Tolo Tolo è, più dei precedenti, un film politico, sul tema dei migranti, fatto, come sempre, cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, prendendo equamente in giro i pro e i contro di una questione che divide. Essendo una pellicola popolare, il tema viene rappresentato in maniera meno drammatica e realistica. Niente morti in mare, per intendersi, ma bacchettate, ad esempio, a chi lucra sulla loro situazione (il giornalista vanitoso in cerca dello scoop). Meglio quando Zalone racconta gli italiani, che vanno in giro firmati, che sono vittime di leggi inique, che cercano il paradiso (fiscale) altrove, dal fascismo sopito «che è come la candida, con lo stress e col caldo esce fuori», che sono governati da galoppini diventati premier; un ritratto di paraculi che in mano a Medici è spasso puro.

Il problema è quando Checco si sposta in Africa, facendo salire l'asticella, con risultati, però, se non deludenti, certamente poco incisivi. Il suo pubblico lo seguirà in questa particolare svolta?

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