Cultura e Spettacoli

"Zio Luchino amava la Callas E io amo scovare la voce lirica che è in noi"

Nipote di Visconti, è cresciuta fra i più grandi artisti del mondo Una famiglia di mecenati perché "da bravi lombardi facciamo così"

"Zio Luchino amava la Callas E io amo scovare la voce lirica che è in noi"

«Chi veniva a far visita allo zio? Beh, intanto posso dire che è stato presentissimo nella nostra vita. Non si era creato una famiglia sua, perciò la nostra per lui era diventata come un punto di riferimento, un filo conduttore anche nel lavoro». Complice una splendida mattinata di sole dentro le stanze di una dimora signorile del centro città, un caffè da Anna Gastel diventa un romanzo da ascoltare.

Scampoli di esistenza raccontati con fierezza e sorrisi; sul tavolo ci sono adagiati foto d’epoca, lettere, appunti e vecchi articoli di giornale su di lui, lo zio superstar. Come definire del resto il regista e sceneggiatore Luchino Visconti, considerato uno dei più importanti personaggi e artisti del ’900. E lei, la nipote - segni particolari una lunga treccia che la segue da sempre e un «debole» per le note e l’arte (è stato il primo battitore donna nella storia della Christie’s, la più antica casa d’aste del mondo) – dopo il suo lungo impegno ai vertici del Fai, da un paio d’anni è presidente del festival MiTo, dopo l’ultima edizione del finanziere-pianista Francesco Micheli.

Insomma, dalle parti della Madonnina direbbero: «Una first sciura della musica». E la sua fiaba di vip non poteva che finire sotto la lente. Già, proprio così: lady Gastel. Non solo un’«esponente» della Milano bene dei cosiddetti salotti ma anche erede e continuatrice di una tradizione familiare all’insegna dell’impegno e del mecenatismo - «da bravi lombardi», puntualizza lei – in modi diversi al servizio della comunità. A riprova di questo, le storie di antenati nobili, la «scalata» dei nonni Erba di Luchino, come Luigi il fratello-erede di Carlo, un benefattore che ha lasciato più di un solco nella metropoli. Cognomi a volte doppi o molto noti che si trovano su libri e almanacchi.

Ma prima di approfondire questo albero genealogico, un ciak per la moviola: il film riparte dall’illustre zio. «Per vederlo a casa arrivavano in tanti - fa mente locale la presidente della rassegna -, soprattutto dopo che aveva avuto l’ictus. In quel periodo è stato ospite di mia madre, per quasi sei mesi a Cernobbio, dove ha montato la pellicola di Ludwig». Come su un set, in quei giorni di convalescenza, ecco la sfilata degli attori-amici e degli affetti, da Massimo Girotti a Helmut Berger, Romolo Valli e Adriana Asti. Che ricordi i bei momenti con la Divina della Scala, la Callas, con la quale il regista di Morte a Venezia aveva un forte legame.

In particolare le visite della soprano avvenivano nel periodo d’oro al Piermarini, correvano gli anni Cinquanta. «Ero piccola ma ce l’ho ancora davanti agli occhi Maria, un tale personaggio magnetico, fantastico, che presenza fisica la sua. È stata molto vicina a mia sorella Cristina che ha dieci anni più di me – continua a sfogliare l’album familiare - Tra lei e lo zio, che l’ha sempre adorata, c’era una liaison un po’ d’amore». All’appello dei personaggi «di casa» non potevano certamente mancare i discepoli del Maestro, quelli che in gioventù sono stati gli assistenti del Visconti alla cinepresa: Franco Zeffirelli e Francesco Rosi, altri giganti del grande schermo e del teatro italiano. All’appello, infine, non poteva mancare lei, la giovane attrice Gastel, che è stata vicina al parente-regista in varie occasioni, partecipando come figurante al film l’Innocente.

Dulcis in fundo, per testimoniare l’affetto e l’ammirazione, perfino la sua tesi di laurea titolata La musica una costante nella vita di Luchino Visconti. Già, la musica. L’arte dei suoni onnipresente nella vita di questa signora dell’alta società, sorella del celebre fotografo Giovanni Gastel e madre di due figli (Guido, pure lui giovane nuovo mago dell’obiettivo, e Virginia che si sta distinguendo come documentarista della Bbc). Un libro nel libro, dagli anni giovanili in poi: Anna che studia il pianoforte, che ha passione per la voce e il jazz, che negli anni ’90 si lancia come interprete di standard in diversi club della Lombardia («avrei voluto fare la cantante», confida).

Poi un salto nel tempo fino ai giorni nostri e la chiamata per prendersi cura di Mito, che per l’edizione 2017 - in sintonia col direttore artistico Nicola Campogrande - ha voluto dedicare alla «Natura» e alla sua tutela. «Quando mi è stato chiesto di prendere la presidenza del festival su delega dei due sindaci di Milano e di Torino l’ho sentito come un dovere civico - spiega -, pure come spettatore che ha partecipato felicemente alle programmazioni, fin dal principio. Poi mi sono detta, “tutto questo deve continuare”, è un brand fortissimo e dà la possibilità a tutti di ascoltare la classica». Di più, c’è la questione ambientale, «un’emergenza che le nuove generazioni sentono maggiormente.

Ma resta molta indifferenza e così si continua a ballare sull’orlo del baratro. Bisognerebbe prendere coscienza di quello che è sotto gli occhi di tutti, il terribile inquinamento». E il discorso musicale come messaggero può fare da volano. L’impegno color clorofilla di Anna e la sua passione legati alla «vena» antica di una famiglia che fin dai primi anni del Ventesimo secolo ha fatto parlare di sé per iniziative imprenditoriali, sviluppo e sostegno. C’era Giuseppe Visconti di Modrone, «che inventò Grazzano Visconti, un paese intorno al castello, partendo da una scuola di mestieri artigianali per i giovani contadini». Nei week end il villaggio si animava e molti vestivano costumi medievali, tanto che la località col tempo divenne una sorta di Disneyland del Novecento.

E ancora il chimico Carlo Erba che da un piccolo negozio di fianco all’accademia di Brera e coi suoi rimedi da banco pronti per i clienti partì per arrivare a creare un impero della farmaceutica; infine Luigi il fratello minore-erede (maestro concertatore di pianoforte e abile venditore di strumenti), il papà dell’amata nonna Carla che da benefattore ha lasciato il segno nella capitale lombarda, alla Torre del Filarete al Castello, «dove una lapide recita che “si deve al mecenatismo di Luigi Erba se questa torre venne costruita”». E per non farsi mancare nulla, fece donazioni in denaro al Museo di Scienza e Tecnica «Leonardo Da Vinci». Anche questa è la storia di Milano. Ma parabole e modelli a parte, ora Donna Gastel - oltre al Mito dell’anno prossimo - che cosa pensa di fare (da grande)?

Risponde divertita: «Mi dedico al mio progetto “Canta che ti passa”, un laboratorio con un soprano che fa scoprire a chi lo desidera la voce lirica che ognuno di noi possiede. Un’idea che mi è venuta quando, dopo un gravissimo incidente, per sopportare il dolore e distrarmi cantavo a più non posso.

Questa esperienza mi ha resa più forte e mi ha fatto capire fino in fondo il grande potere della musica».

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