Cultura e Spettacoli

Uno Zorro è per sempre Catalano, l'attore che visse continuando a fare la «Z»

Trent'anni fa moriva l'italoamericano interprete in tv della «volpe» mascherata. Di cui fu ostaggio

Uno Zorro è per sempre Catalano, l'attore che visse continuando a fare la «Z»

Il corpo di Zorro l'hanno trovato sei giorni dopo la morte, nel suo appartamento di Recoleta, quartiere bene di Buenos Aires, disteso sul letto e senza la mascherina sugli occhi. I vicini non lo vedevano da un po' e, preoccupati, hanno chiamato la Policia che ha bussato invano e poi sfondato la porta. Era solo, non lavorava più da anni e, sussurrano i periodisti del posto, nonostante le apparenze, di denari non glien'erano rimasti più tanti. A uccidere il bandito più famoso della letteratura, il padre dei supereroi di oggi, uno dei primi miti della cultura moderna, fu un banale aneurisma. Triste y misterioso final. Aveva 65 anni. Il 30 aprile di trent'anni fa.

Lo hanno seppellito, avvolto nella bandiera americana come i soldati caduti al fronte, nel Pantheon del cimitero di La Chacarita. Due anni dopo l'urna con le ceneri, per volontà di The Fox in persona, furono consegnate al primo figlio Steven che le disperse al vento sulle acque dell'Oceano Pacifico. Come sottofondo la sigla di William Lava: «Buio com'è, non c'è luna né stelle, non lo vedi, ma là c'è Zorro...».

Zorro, cioè Guy Williams, l'attore che gli dava corpo, si chiamava in realtà Armando Catalano, ed era siciliano di sangue, di educazione e di temperamento. Nessuno è stato Zorro più e meglio di lui, né Douglas Fairbanks o Tyrone Power che lo hanno preceduto al cinema, né Alain Delon e Antonio Banderas che hanno cercato di eguagliarlo quando ormai era troppo tardi. Fu Walt Disney in persona a scegliere quel ragazzone impomatato di uno e novanta, gli disse lui di farsi crescere i baffi «né molto lunghi, né molto spessi». Gli fu chiaro subito quale sarebbe stato il destino di Armando il siciliano: «Vuoi diventare famoso per sempre?...».

Era nato a New York, nel quartiere di Washington Heights, il 14 gennaio 1924, e a crescerlo era stata Little Italy. Il padre Attilio, ricco commerciante di legnami a Messina, aveva acquistato qualche terreno nel New Jersey per piantarci una nuova vita, ma la professione di broker assicurativo invece di consolidarne la ricchezza lo aveva quasi ridotto in miseria. Amava l'astronomia, gli scacchi e i pesci tropicali, ma non finì gli studi come Don Diego de La Vega.

Zorro nella vita aveva fatto di tutto tranne quello che voleva il padre che lo immaginava assicuratore come lui: il saldatore, l'ispettore di aerei da guerra, il venditore di borse e valigie. La sua faccia da bel trucibaldo piacque all'agenzia di modelle e modelli a cui mandò le sue fotografie, diventò il viso più famoso delle pubblicità delle sigarette e degli scarponi da sci, sui set conobbe la moglie, la modella Janice Cooper, bionda e con le fossette agli angoli del sorriso, l'unica a dargli due figli, Guy Steven e Toni. Nel cinema invece solo piccoli ruoli, poi a 33 anni, quando sembrava ormai vecchio ecco l'eterna giovinezza: diventare Zorro forever, il vendicatore creato nel 1919, cent'anni fa giusti, da Johnston McCulley, il giovane nobiluomo smidollato e il suo alter ego mascherato, il Robin Hood della tv, la Primula rossa californiana, Zorro con la faccia da siciliano e il fisico da torero.

Un successo che ha ancora oggi dell'incomprensibile, visto che più di sessant'anni dopo viene ancora programmato, a volte restaurato a colori, nei palinsesti tv di mezzo mondo, ancora incredibilmente moderno. Eppure furono solo due le stagioni lavorate, settantotto episodi in tutto girati tra il 1957 e il 1959, più quattro aggiunti nel 1960. Mezz'ora dopo la sua messa in onda sulla Abc, la prima puntata era già un successo spaventoso. Era il 10 ottobre 1957, delle produzioni televisive di quell'era geologica nulla è sopravvissuto tranne il fuorilegge mascherato e la sua band, l'improbabile sergente obeso, il maggiordomo muto (ma non sordo), l'Aquila, il capitano Monastero e il caporale Reyes. Lo pagarono 2500 dollari a settimana: allora un'enormità.

Zorro prese in ostaggio Catalano e non lo liberò più, fu la sua fortuna e la sua rovina. Non riuscì mai ad essere altri al di fuori di lui, sia che recitasse la parte di Sinbad o di un Bonanza: per il pubblico era sempre e solo Don Diego de la Vega, anche perché i telefilm non hanno mai smesso di andare in onda e di infilzarlo a quello che non voleva essere più.

Per questo, un po' per denaro e molto per rassegnazione, accettò, insieme a Henry Calvin, cioè il sergente García, l'invito in Argentina di Channel 13 prima e di Isabelita Perón dopo: una visita ufficiale, come un capo di Stato, in un Paese dove Zorro, finto rivoluzionario, era vissuto vero come Che Guevara. Fu un'apoteosi che nessuno si aspettava. Così Armando il siciliano, frustrato in patria perché incapace di liberarsi di Zorro, decise di diventarlo in Argentina, di essere quello che il mondo si aspettava che fosse, El Zorro in carne e ossa, la fantasia che si fa realtà. Con l'attore Fernando Lupiz fondò il Circo Real Madrid: girava il Sudamerica seminando successi e «zeta» sulla pancia del sergente García, casa sua diventò meta di pellegrinaggi da grotta di Lourdes, al Bar La Biela, dove amava trovare rifugio, a volte c'era la ressa. L'Argentina gli regalò anche una compagna, Araceli Lizaso: lui aveva 54 anni, lei 24, la conquistò per «i suoi incredibili occhi verdi e le risate insieme». Il primo maggio, il giorno dopo la morte, aveva intenzione di telefonarle per chiederla in sposa. «Mi aveva appena detto: non ti preoccupare mai per me. Io sono immortale». Non c'è luna né stelle, non lo vedi, ma là c'è Zorro..

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