Brasile 2014

L’ultima parabola di Pirlo: "Vinco e lascio, niente panca"

Lo juventino è stato adottato dai brasiliani: "Sono qui come sempre per la coppa". Il futuro? Rinnovo, ma addio azzurro: "Se vengo convocato e non gioco mi inc..."

L’ultima parabola di Pirlo: "Vinco e lascio, niente panca"

dal nostro inviato a Rio de Janeiro

Questo è l'ultimo, l'ha ripetuto a chi avesse dimenticato. L'ultimo mondiale. E magari l'ultimo contratto con la Juve, che ieri ha ufficializzato il rinnovo per due anni. Il resto c'è ancora: voglia di vincere, di tirare punizioni e far gol. «La cosa che mi diverte di più da quando ero bambino e conto di segnarne ancora tante». Voglia di sognare e giocare. Ecco, appunto, mancava la spiegazione a quel: «È l'ultimo mondiale». E, davanti ad un mondo venuto a conoscerlo e riconoscerlo, davanti a un Brasile che lo ha adottato nel gotha dei campioni che non si scordano mai, Andrea Pirlo ha aggiunto il «perché» con quel pizzico di italianità che non guasta. «Lascio la nazionale perché ho una certa età e bisogna dare spazio ai giovani. Sempre disponibile se servo, ma…». Maaaa???? Fanno occhi e orecchi del popolo silenzioso in sala stampa. «Se vengo in nazionale e non gioco mi incazzo, dunque meglio stare a casa». Neppure Totò l'avrebbe detto con più naturalezza.

Andrea Pirlo è la star azzurra consacrata nel mondo. Riconoscimento forse un po' tardivo, meglio tardi che mai. Ieri mattina Juninho Pernambucano, un altro piede d'oro famoso per le punizioni che bucano, si è presentato in ritiro insieme alla sua bambina per omaggiarlo: campione per lui ed anche per Maria Clara, 12 anni e una simpatia spiccata per il giocatore che indossa quel numero 21 azzurro. È stato scambio di maglie: Pirlo ha firmato la sua con dedica («affetto e grande ammirazione») per figlia e papà. Juninho gli ha regalato quella numero 8 del Vasco de Gama e il 21 del Brasile. Simbolico, tanto che un giornalista gli ha chiesto: «Giocherebbe con la maglia della Selecao?». E il nostro non ha interrotto la vena battutista. «Mi spiace, non sono mai stato naturalizzato».

Naturalizzato no, adottato di certo. Il Brasile corre dietro a Pirlo Andrea, anni 35 appena compiuti, barba da profeta del pallone come qui conobbero Socrates, enfatizzato nella vena del tifo di popolo che, l'anno scorso al Maracanà, gli regalò una standing ovation. «È stata un'emozione che mi porto dentro», ha raccontato. Sarà un mondiale per lui? O un'avventura per gli altri? «Sarà un mondiale che voglio vincere, come sempre», ha risposto nel modo più diretto. Poi certo ci sono i sogni. «Ogni calciatore, fin da bambino, vorrebbe giocare un mondiale in Brasile, nella terra di tanti campioni. Se ti capita devi ritenerti fortunato e provarci con tutte le tue forze, perché sia un campionato da ricordare tutta la vita».

Se all'Italia mancava una via maestra, una cometa da seguire, eccola servita dal direttore d'orchestra. Pirlo eppoi l'Italia? O Pirlo e l'Italia. L'interessato si tira dietro tutti. Dice che Verratti ha le potenzialità «per diventare grandissimo. Ha personalità, ha fatto esperienza internazionale in Champions. Lui è più bravo nel corto, io punto alla profondità». E non annoiatelo con la storia della compatibilità. Taglia corto: «Chi sa giocare al calcio, gioca con chiunque». Racconta che questo centrocampo inventato da Prandelli gli piace: «Può dare grandi risultati». Fa sapere all'abulico Balotelli il pensiero dello spogliatoio. «Mario vive per il gol e quando non segna si arrabbia. Ma qui deve pensare a giocare per la squadra, le reti arriveranno di conseguenza». Più dolce con la difesa “tendenza gruviera”. «Stiamo lavorando per migliorare. Serve più concentrazione in certi attimi della partita». Prepara gambe e pazienza per sopportare le aggressive difese avversarie. «Ormai sono abituato ad avere gente attaccata a me. Non mi lasciano divertire, ma so trovare soluzioni per evitarli e per carattere non mi innervosisco». Spiritualmente e fisicamente è pronto, dice che il caldo ci sarà per l'Italia come per l'Inghilterra, quindi niente paura. Qualcuno gli chiede di Tevez e lui accarezza il compagno. «Peccato, meritava di giocare questo mondiale». Fair play fra juventini. Vista con altra ottica: un avversario in meno. Ma detto in Brasile non è da hit parade. Pirlo, il brasiliano adottato, non può strizzar l'occhio ad un argentino.

Lo dice la storia.

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