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Le acque di Rio sono sporche da... morire

La Cox: "Gli atleti non ci devono nuotare, troppo pericoloso"

Le acque di Rio sono sporche da... morire

«I nuotatori olimpici non devono assolutamente nuotare nelle acque sporche di Rio». Questo è l'allarme lanciato dagli addetti ai lavori in vista dei Giochi. Tra i commenti di peso quello di Lynne Cox. Seppur senza aver conquistato medaglie olimpiche o mondiali, la statunitense di Boston è il gotha del nuoto in acque libere. Autrice di gesta inarrivabili, la Cox in più di 35 anni è sopravvissuta al freddo dell'Antartide nuotando in condizioni proibitive per un essere umano, ha affrontato le onde di 60 luoghi al mondo, è stata la prima ad attraversare lo Stretto di Bering (da Usa a Unione Sovietica il 7 agosto 1987) e ha abbassato per due volte il record assoluto della Manica. Ma Lynne si è spinta oltre ai ragguardevoli primati sportivi, contribuendo infatti a sostenere la ricerca medica e le cause ambientali. Le sue imprese, oltre ogni frontiera, sono documentate in diversi libri e sono fonte di ispirazione per adulti e giovani. Per questo motivo, se a lanciare l'allarme sull'inquinamento delle acque di Rio è Lynne Cox allora c'è da darle ascolto. «L'unica volta che ho fallito è stato quando ho nuotato in acque di scarico e stavo per svenire. Mi sono ammalata gravemente sul Nilo e ho rischiato di morire» ha confessato la Cox.

Perciò è da monitorare una situazione che potrebbe causare gravi danni alla salute degli atleti. Ne hanno già fatto le spese i membri della squadra nazionale juniores americana di canottaggio e alcuni velisti (gravi sintomi simil-influenzali). Il rischio di contrarre delle malattie nella baia di Guanabara, dunque, è elevatissimo e fondisti e triatleti sono i soggetti più a rischio a Rio. Ma in un Paese in pieno caos come il Brasile, per via dell'impeachment della presidente Dilma Roussef, le dimissioni del capo della sicurezza per i Giochi e del ministro dello Sport, le uniche soluzioni per proteggere gli atleti potrebbero essere la cancellazione o lo spostamento in altra sede delle gare.

Una presa in giro considerato lo spot sui Giochi «verdi per un pianeta blu».

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