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Addio a Wilkins, il "colpo" di Farina nel Diavolo che parlava inglese

Centrocampista elegante, capitano dell'Inghilterra, arrivò con Hateley. Poi da tecnico fu vice di Vialli e di Ancelotti al Chelsea

Addio a Wilkins, il "colpo" di Farina nel Diavolo che parlava inglese

Giuseppe Farina incaricò Antonio Cardillo di portare quell'inglese al Milan. La trattativa non fu facile, Ray Wilkins era la mente del Manchester United e della nazionale inglese con la quale avrebbe contato 84 presenze e le sfide personali, da pub, con Graeme Souness, nei derby contro la Scozia, fanno parte della storia forte del calcio britannico. A diciannove anni era stato capitano del Chelsea, come centrocampista aveva dimostrato eleganza e doti carismatiche.

Ci volevano un milione e trecentomila sterline per concludere l'affare nel quale si introdusse un affarista che si presentò come agente personale del calciatore, gonfiando la cifra, d'accordo con il Manchester United, a un milione e quattrocentomila sterline. Cardillo informò al telefono Farina, la trattativa stava per sfumare. Fu lo stesso Wilkins a presentarsi nella sala dell'albergo dove le parti erano in trattativa, smentendo e svergognando, davanti a tutti, l'affarista.

Raimondo Wilkins era fatto così. Prese ad amare l'Italia, la trattoria dei Cacciatori a Peschiera Borromeo, il caffè nostro, vero, nero. Venne al Milan, insieme con Hateley, Mark era un ragazzone che spesso sbandava con i vizietti made in England; il venerdì sera, ad esempio, era(no) difficili da frequentare. Wilkins si adattò al nostro football che riteneva, ai tempi, superiore tecnicamente e tatticamente. Non era ancora il grande Milan e infatti l'avvento di Berlusconi significò il sacrificio dei due inglesi. Ray se ne andò in Francia al Paris St Germain non ancora miliardario, poi tornò sull'isola, provò la carriera di allenatore e di secondo con il suo vecchio club, il Chelsea dove lo volle, al proprio fianco, Luca Vialli e poi Ancelotti, andò a guidare la Giordania per finire con il Leyton.

La famiglia era sacra per lui, la malattia che prese a graffiare la moglie Jackie lo sconvolse, accentuandone la solitudine. Il licenziamento dal Chelsea aggiunse dolore; in televisione, come opinionista, aveva portato l'esperienza internazionale, insieme con Gary Lineker era considerato la mente migliore. Finì in tribunale per guida in stato di ubriachezza. Erano giorni aspri. L'infarto lo ha fermato per sempre. Resta la memoria del suo sguardo severo, il suo ricorso all'accento cockney, l'umorismo della sua terra e quel disco che mi aveva chiesto di trovare a tutti i costi. Era la voce di Luciano Pavarotti in Nessun dorma.

Raymond Colin Wilkins, all'alba ha smesso di vincere.

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