Sport

Adesso la figu è uguale per tutti

di Elia Pagnoni

Q uando le figurine ci aiutavano a crescere. Quando non avevamo internet e cellulari, playstation e tablet, non avevamo le pay tv digitali e satellitari, non avevamo nemmeno il tv color ma solo un paio di canali in bianco e nero, avevamo però un grande compagno di giochi e non solo. Avevamo le figurine che non parlavano solo di calciatori, ma ci facevano passare ore e ore a giocare anche con i campioni degli altri sport. Forse anche per questo certe generazioni sono cresciute con una visione dello sport un po' meno monotematica, un po' meno calcio-dipendente. Per questo fa piacere che la Panini abbia riscoperto per le sue figurine il filone degli altri sport, in particolare di quelli olimpici.

Negli anni Sessanta, ma anche fino a metà degli anni Settanta, l'editrice modenese aveva appassionato un'intera generazione di ragazzini facendo conoscere a tutti anche i campioni di sport meno popolari. Così conoscevamo tutti le facce di ciclisti e nuotatori, pugili e tennisti, sciatori e pallavolisti, cestisti e rugbisti: Gianni Motta e Anquetil, Arcari e Bollesan, la Pericoli e la Calligaris, Meneghin e D'Inzeo per noi valevano come Riva, Rivera e Mazzola. C'era una speciale democrazia di cartoncino che faceva sentire anche lo specialista del tiro a volo o il giocatore di baseball e di pallanuoto come il grande campione dei palcoscenici calcistici.

Ma è vero anche che in quegli anni la distanza di popolarità tra i vari sport era minore: il calcio era sempre sul piedistallo ma non era nell'iperuranio come adesso nei confronti degli altri. Forse internet, tablet e pay tv, ma anche gli stessi giornali specializzati e non, hanno poi contribuito a far saltare il vecchio equilibrio tra le discipline sportive, a scavare un solco tra le stelle non sempre luccicanti del pallone e il resto del popolo sportivo. Adesso l'operazione olimpica della Panini, al di là del sapore un po' retro, servirà anche a riportare un po' di eguaglianza.

Almeno nelle figu.

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