Sport

Tevez e i suoi fratelli. Quelli che la squadra o la esaltano o l'affossano

Se funziona Carlitos la Juve resiste, se Menez non gira il Milan si spegne se Higuain si desta il Napoli sogna, se De Rossi va la Roma si trasforma

Tevez e i suoi fratelli. Quelli che la squadra o la esaltano o l'affossano

Quando i piedi fanno la differenza, segnando gol importanti o semplicemente rendendo la squadra più solida. Nel primo caso parliamo degli attaccanti (stranieri) che gravitano in vetta alla classifica cannonieri o che sono finalmente esplosi (il laziale Felipe Anderson), nel secondo di un centrocampista italiano con doti da difensore aggiunto (il romanista De Rossi). Insomma giocatori le cui prestazioni consentono il salto di qualità alle big di serie A.

Il nostro viaggio virtuale parte da chi ha già messo in fila gli altri bomber del nostro campionato, quel Carlos Tevez che procede a un'altissima media realizzativa, superiore a quella della prima stagione juventina: 11 gol in 16 partite, che diventano 16 in 23 gare se consideriamo anche le Coppe. Contro l'Inter è stata l'unica volta che, pur andando in gol, la Juve non ha vinto. Nelle altre tre sfide pareggiate dai bianconeri e nel ko di Genova l'Apache era rimasto a secco, ma con la Fiorentina aveva giocato appena 29'.

Da Tevez a un altro argentino, Gonzalo Higuain. Non è un caso che senza le reti del Pipita - già nove in questo torneo come il compagno di squadra Callejon, altro valore aggiunto ritrovato domenica a Cesena dopo un digiuno durato in A oltre due mesi - il Napoli abbia vinto solo 4 volte, perdendo addirittura tre gare. Problemi di modulo (la squadra giocava poco per lui, non come ai tempi di Cavani in azzurro) e qualche malumore legato alla mancata partecipazione alla Champions avevano condizionato il rendimento dell'attaccante, ora tirato a lucido e pronto per la sfida al connazionale e alla Juve domenica al San Paolo.

Jeremy Menez è stato invece l'acquisto migliore della campagna milanista. Arrivato a costo zero, il francese scaricato dal Psg ha interpretato bene con le sue invenzioni e le sue magie (uno dei suoi soprannomi è Houdini) il ruolo di «falso nueve». E le cifre parlano di una vera e propria dipendenza del Milan dall'attaccante, già transitato a Roma per 3 stagioni: da ottobre a oggi, se Menez non ha segnato, per i rossoneri sono arrivati solo sconfitte o 0-0.

Che dire poi di Mauro Icardi, croce e delizia dei tifosi interisti? Il Cañito ha già eguagliato i nove gol realizzati in nerazzurro nella passata stagione - con 5 partite in meno giocate -, tutte reti decisive tranne quella contro l'Udinese, ma nonostante questo riceve i fischi del pubblico di San Siro («sembra di giocare fuori casa», la stoccata polemica dell'argentino naturalizzato italiano). È capace di segnare grandi gol come di sbagliarne altri facili, ma sinora ha sbaragliato la concorrenza degli attaccanti della rosa.

Dal Sudamerica arriva anche una delle rivelazioni del torneo. Il 21enne brasiliano Felipe Anderson, detto Pipe, grande amico di Neymar dai tempi del Santos. La risalita al vertice della Lazio è merito suo: quattro gol nelle ultime 4 partite, due dei quali a San Siro contro l'Inter, e tre assist. Il brutto anatroccolo biancoceleste è diventato cigno ed è pronto a fare male alla Roma nel derby di domenica.

Derby capitolino storicamente un po' indigesto per Daniele De Rossi, l'unico italiano di questa truppa dai piedi buoni. Il calciatore più pagato della serie A (6,5 milioni di euro) non è stato finora degno del lauto stipendio - causa anche problemi extracalcistici -. «Se è al 100 per cento fisicamente e mentalmente è fortissimo», così il suo tecnico Garcia. L'ultima prova offerta a Udine lo dà in ripresa, tanto che la Roma ha mantenuto la porta inviolata per la terza volta di fila.

La scalata giallorossa al sogno scudetto passa anche dai piedi di capitan Futuro.

Commenti