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Allegri e Sarri rimorsi milanisti

I due tecnici che si giocheranno il tricolore accomunati da un destino rossonero: uno esonerato, l'altro solo sfiorato

Allegri e Sarri rimorsi milanisti

Chissà se adesso si morderanno la lingua e anche le mani. Chi? Ma i tifosi del Milan, naturalmente, che sono in pena da qualche tempo per il loro malinconico autunno calcistico e che invece sono costretti ad ammirare la prossima sfida Juve-Napoli riscoprendo una montagna di rimpianti seduta sulle due panchine. Già, perché Max Allegri, adesso acclamato persino dal popolo juventino che lo accolse con scetticismo misto a pregiudizio volgare («lo hanno cacciato dal Milan, non può allenare la Juve» il più corretto dei commenti; «ha sfruttato il lavoro di Conte e quando ha messo mano alla squadra ha fatto disastri» il più recente datato settembre 2015), è di fatto l'ultimo condottiero che ha portato trionfi a Milanello. Son passati tre anni tormentati dal giorno in cui quel birbante di Berardi (4 a 3 dal Sassuolo) ne decretò l'esonero: il livornese partì senza proferire una sola parola fuori posto, ma il Milan non si è ancora ritrovato, oscillando tra le invenzioni mal riuscite di Seedorf e Inzaghi e il ricorso al più collaudato Mihajlovic. Eppure uno scudetto vinto (senza avere Pirlo, ko muscolare, per una intera stagione e con Ibra fuori, per squalifica, negli snodi decisivi) seguito dalla supercoppa di Pechino non furono sufficienti a fargli guadagnare la riconoscenza di San Siro rossonera e la stima perenne di Arcore. Il secondo anno perse lo scudetto non tanto per il gol-non gol di Muntari, semmai per lo scambio Pato-Tevez concluso da Galliani e saltato per un noto veto, eppure nell'immaginario rossonero la colpa fu solo e soltanto la sua così come gli fu negato il merito, stratosferico, della rincorsa al terzo posto centrato nella terza stagione in cui Thiago e Iba furono ceduti per puntellare il bilancio e i grandi vecchi, da Nesta a Gattuso, lasciarono per limiti d'età Milanello. Anche Maurizio Sarri è stato vicino, forse anche vicinissimo al Milan più di quanto non si pensi oggi, epoca in cui fa sognare Napoli con i gol di Higuain e le serpentine di Callejon. A Galliani era piaciuto a prima vista non per il look da palestra o quegli occhiali a mezz'asta e la barba incolta. Era piaciuto perché, nel gioco, l'Empoli aveva messo sotto il Milan di Inzaghi, perché poi aveva rilanciato Saponara. Per settimane ha tenuto i contatti indiretti attraverso Corsi, il presidente, per tempo ha preparato il dossier da sottoporre all'approvazione presidenziale. La spiegazione di quel colpo di fulmine calcistico era suggestiva: Sarri, un maestro di calcio più che un allenatore tutto chiacchiere e distintivo, gli ricordava un altro signor nessuno, Arrigo Sacchi, scoperto da Silvio Berlusconi in provincia, a Parma, e incaricato un bel dì di succedere a Liedholm e di dare vita a quella mirabile cavalcata euro-mondiale di cui non si è persa memoria dopo quasi 30 anni. A furia di aspettare una telefonata mai arrivata, Sarri si ritrovò libero per il Napoli e a Milanello sbarcò invece Sinisa Mihajlovic, sedotto e abbandonato da De Laurentiis.

E così in questo curioso incrocio di destini, le panchine di Juve-Napoli possono solo moltiplicare i rimorsi milanisti e procedere a qualche esemplare revisione di giudizi e carriere.

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