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Un altro teorema sul calcio: inchiesta su fatture inesistenti

Un altro assalto al calcio italiano. Nel mirino squadre di A e B. L'ipotesi di reato è evasione fiscale e falsa fatturazione. Il Milan: "Inchiesta infondata"

Un altro teorema sul calcio: inchiesta su fatture inesistenti

Una nuova bufera si abbatte sul calcio italiano. Una inchiesta, condotta dai pm della procura di Napoli Danilo De Simone, Stefano Capuano e Vincenzo Ranieri coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, solleva nuove accuse contro massimi dirigenti, calciatori e procuratori di squadre di calcio di serie A e B. L'ipotesi di reato è evasione fiscale e false fatturazioni. Ma, come al solito, l'impianto accusatorio sembra un teorema che non regge e che mira soltanto a indebolire il nostro calcio.

Oltre cento persone coinvolte. Almeno trentacinque società di serie A e B nel mirino. L'inchiesta "Fuorigioco" parte nel 2012 ipotizzando presunte violazioni fiscali commesse sia dalle società sia dai procuratori e dai calciatori nell'ambito di operazioni di acquisto e cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori stessi. "Il meccanismo fraudolento - spiegano dalla procura - è stato architettato per sottrarre materia imponibile alle casse dello Stato italiano". I procuratori, dicono gli inquirenti, fatturavano in maniera fittizia la propria prestazione alla sola società calcistica, come se la loro intermediazione fosse nell'interesse esclusivo del club, mentre di fatto tutelavano gli interessi dei loro atleti assistiti. Le società potevano così dedurre dal reddito imponibile queste spese, beneficiando di detrazioni di imposta sul valore aggiunto relativa proprio a questa pseudo prestazione. E i calciatori non dichiaravano quello che era "sostanzialmente un fringe benefit" riconosciuto loro dalla società calcistica nel momento in cui si accollava il pagamento procuratore. Inoltre, dicono le indagini, agenti argentini riuscivano a farsi tassare in Italia i propri compensi ricorrendo a documentazione fiscale e commerciale fittizia e l'interposizione di società "schermo" con sedi in paradisi fiscali.

L'inchiesta nasce nel 2012 quando la Guardia di Finanza, piombata nelle sedi del Napoli e della Figc, acquisisce i contratti di Ezequiel Lavezzi, ceduto dal Napoli al Paris Saint Germain, e del quasi sconosciuto attaccante argentino Cristian Chavez. Partendo da quella attività, nove mesi dopo, i finanzieri si presentano nelle sedi di 41 società di serie A e B per acquisire ulteriore documentazione. Gli investigatori parlarono di un "fenomeno generalizzato" nel calcio italiano, vale a dire la "progressiva e esasperata" lievitazione degli oneri relativi agli ingaggi dei calciatori. E questo, è l'ipotesi investigativa, avrebbe fatto sì che nel tempo si determinasse una situazione di squilibrio gestionale sul piano economico-finanziario che potrebbe aver spinto le società a compiere una serie di illeciti fiscali. Tra i sessantaquattro di indagati nell'indagine della procura di Napoli, che ha portato al sequestro di beni per circa 12 milioni, ci sono nomi eccellenti come l'ad del Milan Adriano Galliani, il numero uno della società partenopea Aurelio De Laurentis, il presidente della Lazio Claudio Lotito, l'ex presidente e ad della Juventus Jean Claude Blanc. "È una vicenda assolutamente marginale e non fondata - minimizzano i legali del Milan - troverà la sua risoluzione sia sotto il profilo tributario, sia sotto il profilo penale, in una doverosa archiviazione". Tra i calciatori, indagati anche "il pojo" Lavezzi e l'ex giocatore Hernán Crespo. Nella rete dei magistrati sono finiti anche diversi procuratori tra cui Alessandro Moggi.

Per i pm partenopei sono responsabili "in maniera sistematica di reati trbutari, mediante condotte fraudolente esclusivamente finalizzate a evadere il fisco".

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