Sport

Anche il calcio ha un'estate donna

Anche il calcio ha un'estate donna

U n'estate donna non ci manca mai. Meglio così. Una volta ce la godiamo con le pantere del volley, ora siamo qui a sviolinare per le tigrotte del calcio. Chissà mai che, un giorno, anche le gigantesse del basket non si inseriscano nella serie I love. I love lo dice il pubblico televisivo, l'amore per lo sport in rosa ci rapisce solitamente nei mesi caldi, quando ci liberiamo dalle catene del fanatismo calcistico. Tv a ruota libera e senza l'orgasmo (massì orgasmo) del minuto calcistico. Ed allora eccoci tutti un po' Pellegrini, quando invece non siamo fenomenal-Egonu, oppure ci mangiamo con gli occhi le quattro cerbiatte di una staffetta dell'atletica. Per non parlare delle regine indiscusse della scherma, che sposiamo durante le Olimpiadi. Con il pallone non ci eravamo ancora proposti. Vabbè, i calcisticamente Collovatiani provano sincero disamore, una febbrile necessità dei nerboruti d'area, anziché delle Pablite con la treccia, ma agli altri basta quella maglia azzurra e la magia si consuma. L'azzurro d'estate confonde le idee, che sian uomini o che sian donne: purché azzurro sia. Anche (e soprattutto) il risultato dal quale non si prescinde se si cercano successo e consenso. In tal modo ci godiamo i ragazzini della under 20, oppure aspettiamo quelli della under 21, dopo aver assaporato i miglioramenti dei talenti rigenerati da Roberto Mancini. È pur vero che serve la qualità, ma poi il ct ci mette la mano. Oggi siamo qui che vediamo il calcio femmina e dimentichiamo che sia femmina, tutto si confonde in quel sottofondo azzurro che scalda il cuore e gli audience della Tv: Italia-Giamaica suonava bene ma era un match più scontato rispetto a quello contro l'Australia, eppure ha tenuto in scacco tre milioni di telespettatori con share in aumento (23%) tra Raidue e Sky. Ed ora per il match bon-bon contro il Brasile si prepara Raiuno. C'è il tanto per dire che l'operazione I love è pienamente riuscita (difficile pensare al podio sportivo) e qui viene il bello. Tutti sappiamo che la Juve è squadra amata da mezza Italia e non dall'altra metà: però qui le ragazze che vestono bianconero sono otto, sette le titolari con tanto di cannoniere (Bonansea e Girelli) e capitano-muraglia difensiva (Gama). Niente male. Ci sta nelle tradizioni delle nazionali di successo (mundial '82 e 2006 tanto per restare ai tempi recenti) che il blocco juventino diventi zoccolo duro, però il fatto che anche fra le donne si ripeta la storia potrebbe indurre alla riflessione: non si vive di soli arbitri favorevoli o contrari. È probabile, anzi certo, che il calcio maschile spinga all'essere guelfi o ghibellini. Invece quello femminile sia un mondo-simpatia, un pallone aperto a tanti cuori, però il mondiale donna sta spingendo a un piccolo miracolo italiano: tutti con queste ragazze, un po' juventine ma molto di più «monocolore azzurro».

È, forse, uno dei pochi momenti in cui la nazione nostra rischia di essere nazione e non fazione.

Commenti