Sport

Ancora costretti ai rigori. Ma questa volta è Italia

Debuttanti del gol: Astori e Diamanti. Doppietta di Cavani Azzurri, finale in ginocchio. Ma Buffon para tre penalty

Ancora costretti ai rigori. Ma questa volta è Italia

Di rigori si può anche gioire. Specie se consentono all'Italia di chiudere la Confederation cup con la fanfara del terzo posto. Ottenuto proprio al culmine dell'ennesima chilometrica sfida con l'Uruguay, decisa dopo i tempi supplementari, ai rigori. Proprio come contro la Spagna. Allora fu Bonucci a sbavare sulla traversa l'ultimo penalty. Questa volta l'eroe è Gigi Buffon, messo in discussione per la punizione del 2 a 2 subita dalla traiettoria non irresistibile di Cavani. Ma si sa, i fuoriclasse son fatti così: possono sbagliare, possono scivolare. Ma poi sono pronti a rimettersi in piedi. E a dimostrare tutto intero il proprio valore fatto di classe cristallina. Ma anche di sangue freddo e di nervi d'acciaio. Tre i rigori parati alla Celeste. E a Forlan, Caceres e Gargano, gente non di primo pelo. Alla fine i rigori premiano l'Italia ridotta a mal partito dalla fatica e dal caldo afoso e certificano un torneo vissuto con grande dignità e senza demeriti particolari. In dieci contro undici chiude la Nazionale tutta cuore e coraggio di Prandelli, segno che questi giovanotti, in mancanza del talento di sodali decisivi, come Pirlo, come Balotelli, come Abate, come Barzagli, hanno altre qualità da mettere a disposizione. E che tra un anno possono portare il gruppo, rafforzato da altre scelte, e magari dall'arruolamento di giovanotti dal futuro accertato (Insigne, Verratti, Destro), sul podio del mondiale.

Buffon è il protagonista numero uno, seguito a ruota da Aquilani, El Shaarawy e Giaccherini, autori dei tre sigilli dagli undici metri che assegnano il terzo posto alla Nazionale. Ecco il primo elenco degli azzurri da promuovere a pieni voti: per esempio De Sciglio, nonostante il rigore mancato, per esempio Candreva, per esempio Giaccherini. Da non dimenticare il Diamanti dei primi due tempi regolamentari. Perché dalle sue punizioni vengono fuori un paio di gemme che mettono l'Italia nelle condizioni di domare la Celeste e lasciarla a boccia asciutta. Con questa contabilità si torna a casa. Forse è il caso di pensare positivo. E di ricordare che nel mese di giugno gli otto impegni disputati dal gruppo degli azzurri non sono un dettaglio insignificante.

Due volte davanti, due volte raggiunti. Ecco il primo rimpianto della Nazionale uscita ieri dalla Confederation con il terzo posto e il sorriso sulle labbra. Verdetto determinato dai rigori che non sono più il tallone d'Achille del nostro calcio. Anche questa volta negli snodi decisivi della sfida risulta qualche vistosa responsabilità del superbo Gigi Buffon che si esalta nel finale quando frena l'Uruguay e riporta il successo a casa. L'Italia gioca bene e resiste per un tempo nella fornace di Salvador, ha i cerotti e mezza panchina in campo a rimpiazzare gli altri protagonisti finiti ko: domina il campo e il gioco, guadagna il vantaggio meritato, sfiorando addirittura il raddoppio. Nella ripresa invece cede campo e molti duelli consegnando all'Uruguay la possibilità di rimettere in piedi il risultato due volte con Cavani che è il mattatore dell'ultimo pezzo di Confederation. Gol al Brasile con cui spaventa i padroni di casa, due gol a Buffon e alla difesa azzurra che non finisce certo con una cifra incoraggiante (10 gol subiti in 5 gare, media allarmante di 2 a partita). Intendiamoci bene, è un cedimento spiegabilissimo: in tre giorni, per due volte, gli azzurri devono consumarsi fino ai supplementari e rigori. Non solo ma questa volta son costretti a chiudere in dieci per l'espulsione (doppio giallo) di Montolivo. Eppure il finale può riservare la sorpresa più gradita. Determinata appunto dall'esito dei rigori. Bonucci si defila, giustamente. E nessuno gli chiede gli straordinari.

Invece si fanno sotto con coraggio due ventenni come De Sciglio e El Shaarawy: il primo sbaglia, il secondo invece ha la capacità di firmare un sigillo su cui può costruire la propria rinascita. Lo aspettano al varco. Ha un rendimento ondivago: prima uno straccetto, poi invece un rampante, quindi dal dischetto non trema. Anzi dimostra di avere il dna del campione di razza che sa superare anche le curve a gomito della sua giovanissima carriera. Si chiude così. Cavani e Tabarez tornano a casa con un pugno di mosche in mano. E adesso vacanze meritatissime.

Appuntamento al 14 agosto contro l'Argentina, forse a Roma, per la Nazionale.

Commenti