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Ars, labor, figurine e una grande storia

Spal, una maglia affascinante e tante leggende: Massei, Capello, Dell'Omodarme...

Ars, labor, figurine e una grande storia

Valentina non ci crede. Valentina è la giovane inviata de Lo spallino, il giornale dei tifosi ferraresi che adesso è solo on line. «Cinque anni fa eravamo nei Dilettanti. Le trasferte andavano da Legnago a Porto Tolle. E adesso si andrà a San Siro... Impossibile». Valentina ha preparato questa festa da tempo, come tutta Ferrara, perché se c'è una cosa che non condiziona questi emiliani in riva al Po è evidentemente la scaramanzia. E adesso si può sognare ad occhi aperti perché la vecchia Spal è tornata: un anno fa sembrava già incredibile la risalita in B dopo 23 anni, oggi addirittura si festeggia la A dopo mezzo secolo. E dire che l'avventura era cominciata con una sconfitta a Benevento che lasciava presagire una stagione di sofferenza nelle retrovie... Ma proprio da Benevento è arrivata invece la promozione grazie al gol di Ceravolo che ha piegato il Frosinone al 94'. È la nemesi del pallone...

Leonardo Semplici, l'ennesimo tecnico della scuola toscana, ha saputo costruire passo dopo passo la rincorsa al miracolo, il ritorno ai fasti del passato. Fasti, sì, perché c'è stata un'epoca in cui la Spal era stabilmente tra le grandi: 16 campionati di A tra il '51 e il '68, sotto la guida illuminata del presidente Paolo Mazza, il re del mercato: comprava giocatori a due lire e li rivendeva a peso d'oro. Sbagliò solo a infilarsi nell'avventura azzurra dei Mondiali in Cile nel '62, quando gli venne data la responsabilità tecnica con Giovanni Ferrari e l'Italia naufragò nella sciagurata Santiago.

Ma la sua Spal era una squadra di grandi firme e da ragazzini, quando si giocava a figurine, era impossibile non restare stregati da quell'acronimo mezzo latino (Società Polisportiva Ars et Labor) e da quelle splendide maglie a righe bianche e azzurre che sono arrivate così fino ad oggi, sperando che riescano a sfuggire all'agguato degli stilisti degli sponsor tecnici. Non si poteva non restare affascinati da quei giocatori: da Oscar Massei, il capitano, a Sergio Cervato, terzino-cannoniere che era stato nella grande Fiorentina. E poi Mattrel, il portiere, Bozzao, che pensavamo fosse brasiliano, Dell'Omodarme, che poteva essere un eroe epico nella città dell'Ariosto. E non a caso a Ferrara giocò anche Orlando, che non era furioso, ma ormai nella fase calante dopo le grandi stagioni di Roma e Firenze. E poi Bugatti e Picchi, Malatrasi e Zaglio, Gianni Bui e Ruben Buriani e tanti futuri grandi allenatori, da Bagnoli a Capello, da Reja a Bigon a Ottavio Bianchi, mentre da qui Max Allegri cominciò la sua scalata alle grandi panchine.

Leggende di altri tempi, ma oggi c'è chi è pronto a riannodare il filo con la storia: Floccari, Zigoni, Antenucci che, a suon di gol, hanno riportato Ferrara in serie A. L'eccellenza, insomma, come quella della facoltà di Ingegneria e della sua camera aneconica acustica, una stanza del silenzio, dove non si sente nessun rumore tranne quelli del proprio corpo. Se ci resti più di un quarto d'ora dicono che rischi di impazzire.

Ma da ieri sera la pazzia sta tutta fuori.

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