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Barça-Liverpool, show che sa di finale

I catalani vivono delle giocate di Messi, gli inglesi sull'organizzazione di Klopp

Tony Damascelli

Una sola cosa certa: Loris Karius non c'è. Il drammatico portiere tedesco gioca per il Besiktas e addirittura i turchi, detti ottomani, non ne possono più di lui. Karius fu il protagonista fantozziano della finale di Champions League, nella porta del Liverpool contro il Real Madrid, il migliore della serie A, l'Alisson che fu della Roma e che stasera cercherà di cancellare le papere del predecessore, ricordando di essere riuscito nell'impresa di eliminare i catalani, l'anno scorso.

Il Barcellona di Messi, dopo il Real di Cristiano, roba grossa per gli inglesi il cui rapporto con la coppa è storico.

Partita di spessore, c'è chi sostiene che il Liverpool sia il Barcellona della Premier ma con un ritmo forsennato, con una applicazione sul pezzo che soltanto quel tedescaccio dell'allenatore sa trasferire e che sta portando la squadra a giocarsi il titolo con i riccastri del Manchester City.

Il Barcellona è Messi è altri dieci, qualunque. D'accordo, Suarez, Coutinho, Dembelé ma trattasi di optional a richiesta, materiale di repertorio nei confronti del mostro che viaggia verso la sua personale, esclusiva, quarantaduesima finale, tra nazionale e club, quattordici ani di trionfi, roba di un altro mondo, il mondo di Messi che è riuscito nell'impresa di mettere in seconda fila altri campioni assoluti della storia blaugrana, da Luis Miramontes Suarez a Cruyff, da Maradona a Rivaldo, da Eto'o a Romario, però non nati e cresciuti nel club catalano e qui destinati a concludere la carriera, come l'argentino.

Il distintivo del grande Liverpool era tutto made in United Kingdom. Oggi la forza d'urto della squadra è tutta straniera, Salah-Firmino-Mané, gente diversa ma uguale per stile e classe ma che, come tutto il Liverpool, non cammina mai da solo. Proprio ad Anfield si deciderà tutto, la sera del sette di Maggio.

Poi verrà Madrid.

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