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«Il Barça? Neymar? Non bruciamo energie nervose. Siamo arrivati fin qui, significa che abbiamo altrettante qualità»

Chiamatelo Max il Normalizzatore. Perché così è. E così si comporta. Zero tensioni, mai l'espressione truce del suo predecessore, zero panico. In compenso: massima fiducia nei mezzi propri e della squadra, messaggi di ottimismo e di serenità, volontà di aumentare l'autostima e ricerca della piena consapevolezza di sé. A una settimana dalla finale di Champions League - cui assisterà anche John Elkann - e da un triplete che sarebbe ancor più clamoroso di quanto già non sia di suo, Allegri e la Juventus scenderanno in campo oggi a Verona provando a dimenticare il Barcellona: «Evitiamo di bruciare energie nervose che ci serviranno durante la partita: questa dovrà essere una settimana identica a tutte le altre». Se proprio non potranno essere giorni rilassanti, almeno che non trasmettano ansia: la ricetta è servita ed è la stessa che è stata proposta in tutta la stagione. Si è cercato di migliorare, certo, senza però mai presentare una partita di calcio come una guerra o una crociata. Senza mitizzare gli avversari: «Perché avere ansia da Messi o da Neymar? È normale sfidare giocatori di livello mondiale, ma noi siamo la Juve. E, se siamo arrivati in finale, vuol dire che abbiamo altrettante qualità. In mezzo al campo loro hanno giocatori importanti e Iniesta è straordinario: noi però vogliamo giocarci al meglio le nostre possibilità di vincere la coppa. Contro il Barcellona dovremo essere ancora più bravi di quanto lo siamo stati con il Real, perché si tratta di una partita secca». Dopo di che, se dovesse andare male, applausi ai vincitori e comunque giù il cappello rispetto a quanto ha saputo produrre la Signora del Normalizzatore: «Una stagione come questa è difficile da ripetere, più di così la squadra non avrebbe potuto fare. Non abbiamo alcun vantaggio psicologico, ma la consapevolezza di poter giocare una grande partita sperando che la buona sorte sia dalla nostra parte».

Per ingraziarsi la quale ci sarà tempo. Oggi, intanto, c'è da chiudere il campionato magari spingendo Tevez alla conquista del titolo di capocannoniere: lui contro Toni, per quel che vale. Venti gol l'Apache, ventuno l'ex campione del mondo che due stagioni fa pareva vicino a smettere: Allegri gli fa i complimenti («non è da tutti fare una stagione così a 38 anni»), ma è ovvio che tifi per il suo numero 10 pur se «entrambi meriterebbero il titolo. Lo aiuteremo ma, soprattutto, questo sarà l'ultimo test prima della finale. Siamo in una buona condizione, vogliamo chiudere il campionato nel migliore dei modi». Poi si penserà alla possibilità di recuperare Barzagli («fino a martedì o mercoledì non sapremo se sarà a disposizione») e a come limitare i fenomeni blaugrana dopo avere concesso la domenica di riposo.

Tutto qui. Tutto molto normale. La testa al campo e basta. Non allo scandalo Fifa («io sono un uomo di campo») e nemmeno troppo al mercato pur se un pensiero a Dybala («ha solo 21 anni, potenzialmente può diventare un grande giocatore») è logico rivolgerlo. Semmai, la riflessione arriva ricordando il trentennale della tragedia dell'Heysel: «Dovremmo migliorare tutti, essere più positivi. La partita deve restare uno spettacolo, da vivere senza violenza e con serenità».

Non può essere un pensiero utopico.

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