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Il baseball Usa parla italiano

Alex Liddi non è più un quiz. Il ragazzi di Sanremo si sta imponendo a suon di fuoricampo. Il terza base di Seattle sta replicando le imprese di Gallinari, Bargnani e Belinelli nel basket. Ma nello sport più radicato nel cuore dell'America

Il baseball Usa parla italiano

Adesso l’America conosce la sua faccia. Sa chi è. I Seattle Mariners vanno a Detroit e lui, l’italiano del batti e corri, piazza due fuoricampo, un giorno dopo l’altro. Ora i telecronisti lo chiamano «Big Boy». Su Fox Sport scrivono: «Prima era solo la risposta a un quiz: chi è il primo giocatore nato e cresciuto in Italia a giocare in Major League?». Alex Liddi è quella valida. Solo che la sua storia ormai vale molto di più. Il suo allenatore Eric Wedge dice: «Non so dove farlo giocare. Ma è certo che dovrò inventarmi qualcosa». In terza o in prima base. «Non importa chi, ma qualcuno dovrà restare seduto». Chi è allora Alex Liddi? Dove sta il suo segreto?

«Semplicemente la palla, uscendo dalla sua mazza, fa un rumore diverso». È una sera di settembre di sette mesi fa. Otto settembre. I Seattle Mariners stanno giocando a Cleveland per un recupero contro gli Indians. Il ragazzo con il numero 16 è in lineup per la seconda volta. Il giorno prima ha giocato contro i Texas Rangers. È il secondo inning e tocca a lui andare in battuta. David Huff, il lanciatore di Cleveland, prova tre veloci di fila. Il quarto lancio è una curva. Alex colpisce. In Italia sono le quattro e quarantadue. La maggior parte della gente dorme. La palla si alza proprio come accade nei film. Non so se avete presente Il migliore con Robert Redford che prende tra le mani la mazza di legno fatta con le sue mani, quella che lui ha soprannominato Wonderboy, e poi i fari che si spaccano e la corsa con il cappellino che saluta fino a casa base. Ecco, toglieteci l'enfasi e le luci spaccate, ma succede proprio così, la palla vola, saluta il diamante e va oltre. Fuoricampo.

D'accordo. Non è certo una novità nel baseball. Questo qui però, quello fatto in quella notte di settembre e di cui qui stiamo parlando, è comunque un po' speciale. E' il primo fuoricampo italiano della Major League. Visto che è l'otto settembre magari c'è anche qualcosa di simbolico in tutto questo. Il ragazzo si chiama Alex Liddi ed è di Sanremo. Ha 23 anni e quella storia del rumore diverso è il commento di un blogger di Seattle quando gli hanno chiesto cosa pensasse di questo italiano che gioca in terza base, ma pronto a sacrificarsi in prima, che da quest'anno è stato inserito nella rosa ufficiale dei Mariners.

È vero. Simon and Garfunkel cantavano: «Dove sei andato Joe Di Maggio? Una nazione volge i suoi occhi desolati verso di te. Che cos'è che dici Mrs Robinson?». Solo che Di Maggio aveva il cognome italiano, il padre e i nonni italiani, e anche se ci piace dire che ha sposato e amato come nessun altro Marilyn Monroe, per gli americani è americano. Quanto di più americano ci sia, come Sinatra, Fiorello La Guardia, Al Pacino, Robert De Niro, Cristoforo Colombo, la pizza e sotto sotto perfino Al Capone. Invece Alex Liddi, al di là che si chiama Alex, è proprio tutto italiano e per ora gli americani non hanno alcun interesse a spacciarlo per cosa loro. Allora non c'è dubbio che quello dell'otto settembre 2011 sia il primo fuoricampo della storia italiana.

Nel baseball la regola è quella delle franchigie. Nessuna promozione o retrocessione, le società gestiscono direttamente le squadre satellite nelle serie inferiori. E possono prelevare o spedire giocatori durante tutto il corso del torneo. Per intenderci, alla Mlb arrivano solitamente i giocatori del Triplo A, che a sua volta attinge risorse dal Doppio A e via di questo passo fino alla base della piramide, la squadra dei Rookie, giovani ragazzini di talento che sognano di diventare grandi. Liddi è partito da qui. I Mariners lo hanno messo sotto contratto quando aveva appena 17 anni e giocava a Sanremo. Si è fatto tutta la trafila, superando selezioni durissime, di solito i migliori italiani che hanno tentato l'impresa e l'avventura si sono fermati in Doppio A. Un anno fa lui ha fatto il salto in più, quello del Triplo A (la nostra serie B), con i Tacoma Reiniers.

Perché proprio lui ce l'ha fatta? «Non sono più forte di altri. Anzi, quando giocavo in Italia ce n'erano di più bravi. Ma ho imparato che, tecnica a parte, è la convinzione che conta per raggiungere certi risultati». La sua risposta dice molto. La sua forza è che ci crede. È uno che va alla ricerca del limite. E si adegua in fretta al livello del campionato in cui gioca. «Mercoledì al primo turno sono finito strike out e allora al secondo mi sono detto: la picchio forte da qualche parte». A Tacoma nel 2011 ha segnato due record impressionanti. Ha battuto a casa più di 100 punti (104), performance che in tutta la storia dei Rainiers era riuscita a un solo altro giocatore (nel 1973 a Craig Kusick, che poi sarebbe passato in Mlb). E ha anche segnato più di 100 punti, per la precisione 121: nessuno ne aveva mai fatti così tanti per i Rainiers. In Major, si diceva, sarebbe stata un’altra storia. Può darsi, ma per ora Liddi ha una media battuta di 357. È la più alta dei Seattle Mariners. Alex sta facendo meglio anche di una superstar come il giapponese Ichiro Suzuki, un uomo da 18 milioni di dollari l’anno. Liddi ne guadagna 481mila e rotti.

Se qualcuno dice cosa cavolo ce ne frega del baseball magari può anche avere ragione, ma la storia di Alex Liddi ci porta dentro l'America più America. È qualcosa di più di quello che hanno fatto Bargnani, Gallinari o Belinelli. Perché la Major League è il luogo dove l'America si racconta e si specchia. In questo il baseball vale più del basket. Come scrive Mario Salvini sulla Gazzetta dello Sport: «È la letteratura, è Hemingway, Whitman, Steinbeck, Roth, De Lillo. È il cinema. È il sogno americano». Batti e corri.

E difendi la tua casa.

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