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Berisha, Djordjevic & C. La Grande Albania va in scena in casa Lazio

A Formello stretta di mano fra giocatori serbi e albanesi. Lotito: "Questo è il calcio che si ispira ai valori olimpici"

Berisha, Djordjevic & C. La Grande Albania va in scena in casa Lazio

RomaGarantisce Lotito. Almeno a Formello serbi e albanesi tornano fratelli. Possibilmente più di prima. Sui social network biancazzurri la foto degli albanesi Etrit Berisha, Lorik Cana, Thomas Strakosha e dei serbi Dusan Basta e Filip Djordjevic, in cerchio mentre fanno squadra dandosi la mano, serve a distendere i nervi. Tutto dimenticato. Un accordo italiano a tempo determinato che duri almeno lo spazio di un turno di campionato. Con tutte le grane da risolvere, arbitri in primis, ci mancava anche la questione della Grande Albania. E così il presidentissimo biancazzurro, deux ex machina fino a prova contraria, stronca ogni velleità extracalcistica, richiamando ai valori dello sport e finendo di ramanzina come solo lui sa fare. «Episodio triste quello di Belgrado, ritengo opportuno, nonchè moralmente doveroso, porre in risalto realtà ben diverse che il calcio riesce invece a coniugare ispirandosi ai valori olimpici e di aggregazione culturale!». Valori olimpici, fraternità, uguaglianza, alla faccia di chi cercava un motivo in più per sintonizzarsi su Fiorentina-Lazio, match di domani all'ora di pranzo che odora di terzo posto, di preliminari di Champions e di campioni ormai perduti.

Detto questo, dopo gli incidenti di Belgrado la partita rimane oggettivamente a rischio. Magari sarà solo questione di spalti, di bandiere sbagliate, di striscioni. Giovedì, ci aveva pensato il viola Tomovic a fare opera di diplomazia: «Quel che è successo durante la partita? Deprecabile. Per quanto mi riguarda ho cercato di riportare la calma in campo. Con alcuni miei compagni abbiamo anche aiutato qualche giocatore dell'Albania a rientrare negli spogliatoi.». E ieri il laziale Djordjevic ha ribadito che non c'è alcuno strascico, nessuna animosità tra serbi e albanesi. «Con Cana e Berisha - racconta l'attaccante che sta facendo dimenticare il campione del mondo Klose - ci eravamo già scambiati qualche parola a Belgrado, in un clima del tutto amichevole. Ci siamo salutati, così come successo nei giorni precedenti, normalmente. Sono convinto che il nostro rapporto continuerà a essere lo stesso. Ci siamo anche scambiati un paio di parole su quanto successo, cordialmente. I compagni italiani ci ascoltavano, ma non so se hanno capito qualcosa. Ci hanno scherzato su anche loro e ci hanno suggerito di fare un “due contro due” (riferendosi alla presenza in rosa dell'altro serbo Basta che però non era presente a Belgrado poichè infortunato, ndr)». Al Franchi non ci sarà invece l'altro serbo Basta, ancora fermo per infortunio. «Spero che possa tornare presto - conclude - la Lazio ha un disperato bisogno delle sue qualità per fare bene quest'anno».

Ma forse la chiave della questione di Belgrado la trova l'albanese Igli Tare, saggio ds della Lazio che non risparmia critiche ai media sia serbi che albanesi, nettamente più interessati alla questione politica che ai prossimi Europei di calcio a 24 squadre. «Tutto quello che è successo è solo opera della stampa serba e albanese che prima della gara ha alzato molto la tensione con articoli inutili. Tra l'altro l'albergo albanese era circondato dai blindati, con seicento poliziotti armati. A livello psicologico non era facile reggere tutta questa pressione». Tare potrebbe trovare conforto nell'antico, sempre attuale, aforisma di Winston Churchill: «Ammiro gli italiani, quando giocano a calcio fanno la guerra, si impegnano. Quando fanno la guerra sembra che giochino solo una partita di calcio».

In fondo Lotito questo lo ha sempre saputo.

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