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Biglia si prende il Milan. "Pronto per sfidare i fischi dell'Olimpico"

Lucas verso l'esordio da titolare rossonero col "21" di Pirlo e la benedizione di Gattuso

Biglia si prende il Milan. "Pronto per sfidare i fischi dell'Olimpico"

Se Lucas Biglia, appena tornato dalla tormenta argentina, alla prima intervista da rossonero cita Pirlo e Gattuso e Rino, a sua volta, in veste di allenatore della Primavera, racconta le qualità di Kessié, vuol dire che il cordone ombelicale tra vecchio e nuovo Milan è da considerarsi saldato e che può ripartire il viaggio verso il passato. Prossima fermata stadio Olimpico di Roma dove c'è la Lazio, arrivata davanti un torneo fa, primo esame di un certo livello per decifrare l'autentica dimensione rossonera.

Spiega Rino, che inforca un paio di occhialoni, sembra quasi un professore universitario ed è invece la conseguenza di quell'antico problema: «Kessié è molto più forte di me fisicamente, è dotato tecnicamente, e fa anche più gol». E fin qui tutto verosimile anche se c'è bisogno di plastiche conferme in proposito. Sempre Gattuso insiste con i paragoni impegnativi: «Questo Milan somiglia a quello di Ancelotti dove c'erano tanti centrocampisti di qualità e un solo cursore». Nell'attesa del debutto sulla nuova panchina, vedremo se Rino funziona perfettamente anche da critico calcistico.

Di sicuro funziona ancora da icona milanista se Lucas Biglia lo indica come il rappresentante simbolico di quel Milan «che ha vinto tutto» incontrato dopo il trasferimento da Roma a Milano. «Stare con lui è molto gratificante», racconta dopo il primo mese di Milanello e la guarigione dal primo infortunio che qualche critica mal digerita gli procura ancora. «Non sono un tipo fragile, l'anno scorso ho avuto in tutto due infortuni muscolari, questo al polpaccio è il terzo, gli altri erano conseguenza di traumi», spiega l'ex laziale al quale non va di passare per uno con i muscoli di seta. E nemmeno per un reduce da una grande fatica e da far riposare. «Sto bene, ho giocato e mi sono allenato con la mia nazionale, sono a disposizione», è il referto consegnato a Montella che deve deciderne l'utilizzo.

Se la presenza di Gattuso nei vialetti di Milanello lo esalta, la responsabilità di indossare la maglia numero 21 che fu di Pirlo lo eccita visibilmente perché lo definisce «il mio idolo» riferendosi in modo particolare alla sfida del 2006 con l'Anderlecht («non me la dimentico l'emozione di quella sfida a San Siro») e alle esibizioni rossonere in Giappone contro il Boca Juniors. A dire il vero Biglia ha la faccia e l'eloquio del bravo ragazzo, capitato in un collegio per allievi ufficiali, capello biondo corto e attenzione scrupolosa a non infilarsi nei guai della nazionale argentina («abbiamo scelto di non parlarne», spiega).

Per questo imminente viaggio a Roma non teme i fischi dei laziali («non avrò una grande accoglienza ma non mi faranno cambiare idea sulla Lazio»), ancor meno la concorrenza interna di Montolivo («è più bravo di me, arriva meglio in area di rigore») oppure i tormenti del collega Chalanoglu («ha cambiato lingua, calcio e ruolo: dategli il tempo per ambientarsi»). Piuttosto sembra temere le aspettative sul conto del nuovo Milan a cui chiede «di lavorare con umiltà e di dare il 100%» e promette di fare «i conti con la classifica tra qualche mese» senza trascurare che «la Champions è l'obiettivo», non lo scudetto perché «la Juve resta la squadra da battere».

Si capisce al volo che ha un eccellente ricordo di Simone Inzaghi, considera la Lazio «più forte se non identica a quella passata» grazie a quel sistema di gioco (il 3-5-2) che Montella dovrebbe adottare tra qualche settimana e non trascura giudizi lusinghieri per Cutrone («mi ha impressionato») e Locatelli («deve crescere»). Alla fine l'unica vera sorpresa della chiacchierata di Biglia è la sua candida confessione sulla stagione dei primi contatti avuti con Mirabelli.

«Cominciarono a ottobre-novembre», racconta, quando del closing non c'era traccia e il collaboratore di Fassone andava in giro per l'Europa a vedere partite.

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