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Bolt da leggenda: oro nei 200

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Bolt da leggenda: oro nei 200

Benny Casadei Lucchi - nostro inviato a Rio de Janeiro

Il mondo appeso a un sorriso. A quei denti bianchi che nella notte di Rio, notte di semifinale, l'altra notte, avevano illuminato l'arrivo della batteria dei 200. Il sorriso di Usain Bolt e quello di Andre de Grasse che si guardano, Giamaica e Canada che si divertono, mito e aspirante mito, oro nei cento e bronzo nei cento, presente e futuro. Il sorriso beffardo, quasi un accenno di risata fra i due era stato il segnale, l'appiglio, il qualcosa a cui noi tutti dovevamo attaccarci per sognare che la notte dopo, questa notte di Rio, fosse per davvero la grande notte.

E così è stato. Tre olimpiadi e tre ori nei 100 e tre ori nei 200. Nessuno mai come lui. E' mancato però il record. Colpa degli anni che passano, forse. Soprattutto colpa della pioggia caduta poco prima diventata goccioline inglesi e pista umida. Alla fine è mancato il sorriso, quel guardarsi negli occhi. de Grasse secondo dietro al re, de Grasse però troppo staccato per scambiarsi sguardi e sorrisi. Usain ancora primo, 19''78, ancora oro, davanti al canadese emergente (20''02) e al francese Lemaitre (20''12). Notte comunque di emozioni non solo nel vedere, ma nel poter dire di esserci. Perché sa di ultima volta, di guardala, vivila, assaporala stasera perché adesso o mai più. Dietro i sorrisi, dietro la festa, dietro il giro di pista sta tutto questo, si sente tutto questo, si avverte il senso profondo dell'addio incombente di Bolt. Non oggi, non domani, ma certamente in un dopodomani più vicino di quel che si creda.

Notte di emozioni. Più grandi persino di quelle provate a Pechino, quando, lo ricordo come fosse non ieri, ma oggi, adesso, ora, pensai “ho visto compiersi la storia”. Oro e record mondiale, quello che ancora oggi vedo qui stampigliato sui fogli e sui display, record olimpico che fu primato mondiale, 19''30, poi migliorato a Berlino, un anno esatto dopo, magia delle date, 19''19. Ricordo quella notte cinese, un'ora dopo, quando il Nido d'uccello era ormai solo un grande e affascinante cesto svuotato e decisi di scendere in pista per andare a toccare con la mano il manto magico della corsia del record del mondo.

Stanotte non l'ho fatto. Stanotte semplicemente mi sono messo qui a scrivere e pensare che otto anni dopo quell'uomo lungo e istrionico e talvolta, suvvia, ammettiamolo, anche un po' arrogante, quell'uomo mi ha e ci ha di nuovo preso tutti per mano e portati a passeggio nel mito. Tre olimpiadi, tre ori nei cento, tre ori nei duecento e lasciamo stare il conto di staffette e condivisioni varie che come la multiproprietà non sanno di casa e cose totalmente nostre. Tre ori nei cento, tre ori nei duecento e il tempo che avanza e i rivali che cambiano e i giovani che si affacciano e lui sempre, incredibilmente lì. Davanti. Fino a stanotte. Me la sono goduta. Spero ve la siate goduta. Perché è l'ultima.

L'ha fatto capire.

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