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Brown, la triste storia di un marziano

Il flop a Torino di un mago del basket: colpa sua o di un'Italia provinciale?

di Oscar Eleni

Dicono che per sapere tutto di te stesso devi sapere tutto degli altri. Larry Brown, uno degli allenatori più bravi del mondo, campione NCCA e nella NBA, non deve averci pensato quando ha accettato di venire ad allenare in Italia dopo l'offerta di Torino, una squadra importante da dove, però, erano già scappati Luca Banchi e Carlo Recalcati gente che aveva vinto scudetti. Era convinto di poter colonizzare la nostra provincia cestistica. Gli è andato tutto male, 2 vittorie in 17 partite, mai compreso anche dai giocatori che gli hanno voltato le spalle. I problemi di salute certo non lo hanno aiutato, ma si sapeva, non la società, dove Francesco Forni, responsabile dell'area tecnica, figlio del presidente, ha sempre il brutto vizio di invadere gli spogliatoi per urlare ai giocatori e infatti dopo Brown e Dante Calabria, che era venuto con il maestro per aiutarlo in un campionato dove era stato buon giocatore, coppa Italia a Treviso dove ha giocato solo 15 gare, super coppa a Cantù, 125 partite con Milano, anche Carlos Delfino, argentino con una gloriosa carriera sul campo, ha chiesto di andarsene («non mi faccio trattare da schiavo da certa gente»).

Fine corsa per il santone che il presidente Forni aveva definito un marziano, un magnifico testardo che voleva tornare ad un gioco ora chiamato vintage da chi gli ha girato le spalle sul campo e in società.

Certo avrà avuto delle colpe, con il suo sostituto, il trentaquattrenne Paolo Galbiati, l'anno scorso vincitore della coppa Italia dopo la separazione da Banchi e Recalcati, Torino in effetti sembrava andare meglio. Brown voleva in effetti tornare ad un gioco dove la gente si passava la palla, tirava poco da tre e doveva difendere. Mai ascoltato, fino alla ribellione del gruppo, a parte Delfino, contro Avellino nel mercoledì di Santo Stefano, una batosta in casa, e alla ribellione del pubblico che lo ha convinto a transare lasciando Torino 2 punti sopra la zona retrocessione.

Colpa sua, colpa del nostro provincialismo? Forse tutte e due le cose.

Peccato, triste fine di una storia che pure aveva animato il precampionato.

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