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Buffon, la sua partita e il "suo" San Siro. L'esordio, la Champions e... Muntari

Il Milan lo tenne a battesimo e gli soffiò la coppa più vicina. Lo stadio dell'infortunio e delle polemiche può dargli il Mondiale

Buffon, la sua partita e il "suo" San Siro. L'esordio, la Champions e... Muntari

Per fortuna sua, stasera, non dovrà parlare in inglese, semmai parare in italiano. Gigi Buffon torna sul luogo del delitto, che è quello della sua carriera, divisa tra Parma e Torino ma con molto Milan appresso, compagno di avventure e disavventure, infortuni e vittorie e sconfitte, casi clamorosi, insomma un avversario e uno stadio che, nel breve giro di alcune settimane, può significare una fetta grande della vita calcistica di questo campione. Stasera l'anticipo di campionato ma poi, a novembre, il giorno 13, la partita di ritorno dei play off contro la Svezia, un punto interrogativo verso Mosca, verso i mondiali, traguardo ultimo, stazione di arrivo prima di scendere dal treno.

Buffon miglior portiere del mondo ma con i tremori di un debuttante, come gli capita da sempre e, insieme, la determinazione, la rabbia, l'entusiasmo, sensazioni e sentimenti che lo accompagnano in campo prima, durante e dopo l'avvenimento. Alla voce San Siro e Milan, il suo diario personale ha mille appunti, sottolineati in evidenza, a parte l'araldica di famiglia, con Lorenzo, cugino di primo grado del nonno, per dieci anni portiere rossonero.

Contro il Milan, nella porta del Parma, Gianluigi Buffon fece il suo debutto il 19 novembre del '95 e finì zero a zero ma, una settimana dopo, il destino decise che il primo gol subito nella sua carriera lo segnò un suo futuro collega: Ciro Ferrara e la Juventus gli lasciarono un souvenir e una prenotazione.

A San Siro, nel ferragosto del Duemilacinque, nel classico estivo che fu, il trofeo Berlusconi, andando a sbattere contro Kakà, si lussò la spalla destra e rimase fuori gioco per tutto il girone di andata, ripresentandosi in porta a gennaio. Nel frattempo il presidente rossonero concesse Abbiati alla Juventus come ricompensa. Fu l'anno orribile per lui e per la Juventus con Calciopoli, la retrocessione, lo (gli) scudetto cancellato e le voci che lo volevano squalificato per le scommesse clandestine. Il mondiale in Germania lo riportò alla gloria, i rigori fortunati in finale, dopo quelli svaniti proprio contro il Milan in Champions, a Manchester, lo esaltarono, anche se restarono in circuito i veleni ai quali si aggiunsero le insistenti voci di mercato, i nuovi e improbabili dirigenti della Juventus, dopo aver venduto Ibrahimovic e Vieira all'Inter, oltre agli altri pezzi migliori al Barcellona e al Real Madrid, erano intenzionati a mollare la presa su Buffon. Il quale, invece, a differenza dei colleghi, decise di restare in serie B, una serie inferiore, per ricominciare da dove era venuto. Vennero, in verità, altre storie, la separazione dalla moglie, la risalita in serie A e di nuovo San Siro. Storie acide, stavolta, tanto per cambiare: il gol di Muntari, visto da tutto il mondo ma non dall'arbitro Tagliavento e dal suo assistente Romagnoli ma, su tutto, le dichiarazioni dello stesso Buffon: «Il gol di Muntari? Se mi fossi accorto che la palla era dentro non è che avrei aiutato l'arbitro...». Roba pesante per il campione del mondo, tumulti e dibattiti diurni e notturni, oggi, con la Var, non ci sarebbero stati né scandali e dubbi prima, né parole dopo.

Stasera San Siro, dunque, come prima e più di prima. C'è uno scudetto da difendere e un titolo di migliore del mondo da lucidare. La partita ideale, la sua personale.

A lui la storia, il resto appartiene alla cronaca.

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