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Buffon, Zoff, Rossi: il record è azzurro

Gigi va a caccia di Dino e Seba con lo stesso segreto: farsi proteggere dai difensori della Nazionale

Buffon, Zoff, Rossi: il record è azzurro

Era inevitabile. Era inevitabile che un gigante del ruolo, Gianluigi Buffon, nostro signore della porta, un giorno o l'altro, prima di deporre guanti e scarpette da calcio, dovesse raggiungere e magari anche scollinare i record che furono di Dino Zoff e Sebastiano Rossi. Era inevitabile perché Gigi Buffon è forse l'ultimo esemplare, dopo Totti e Pirlo, di fuoriclasse del pallone italiano, l'unico a non aver mai ricevuto il Pallone d'oro meritatissimo al mondiale 2006 e finito invece tra le mani del suo sodale Fabio Cannavaro.

Era inevitabile perché ha coinciso con la grande rimonta e straordinaria cavalcata della Juve di Allegri, reduce da una striscia mostruosa di successi più un pareggio e perché prima o poi bisognava pure accorgersi che questo regno bianconero è fondato, secondo antiche e collaudate regole, sulla porta blindata e una difesa d'acciaio, allestita da Conte, e da questi trasferita in blocco in Nazionale, e perfezionata da Allegri. Certo anche Zoff ha avuto la sua degna gendarmeria ma quello (stagione 1972-73, primo anno dopo il trasferimento dal Napoli a Torino) era un altro calcio, governato da leggi diverse (possibile il retro-passaggio), persino lo schema tattico era ancora un po' retrò, il libero staccato alle spalle (Salvadore), lo stopper davanti (Morini), Spinosi e Marchetti a vigilare sugli argini laterali mentre a Furino toccava sorvegliare tutto il resto.

Si correva anche meno ma non è il caso di ripeterlo troppe volte perché può suonare come riduttivo alle orecchie di certi romantici del pallone d'antan. Ecco: Dino Zoff non ha avuto bisogno del Trap, né di Scirea e Cabrini, di Gentile e Brio per scolpire il suo record (ed è forse il merito più vistoso) poi bruciato da un altro gigante (di statura), Sebastiano Rossi, che scalò la montagna dei 900 minuti d'imbattibilità con il Milan di Fabio Capello collezionista di scudetti (4 in 5 anni) e di finali Champions (3 consecutive, una vinta ad Atene).

Lui, Seba, romagnolo dal carattere fumantino, era tutto fisico elastico e reattività, disciplinato e arricchito da un allenatore con i fiocchi (Negrisolo) il quale provvide a eliminare i difetti esaltandone le virtù. Eppoi aveva davanti una squadriglia di mastini unica e irripetibile, Baresi, Costacurta, Filippo Galli, Maldini più Tassotti e/o Panucci i quali vincevano ogni duello, ogni anticipo, indovinando ogni dribbling del rivale. Memorabile una frase di Beppe Bergoni sull'argomento. Disse: «Per fare gol al Milan c'è un solo modo: i difensori devono voltarsi e tirare nella loro porta!». Non per niente, reduci dalla striscia d'imbattibilità (interrotta da Asprilla), col record di Rossi misero insieme scudetto e Champions league stracciando ad Atene il mitico Barcellona di Johann Cruyff (4 a 0 e tutti a casa). Troppo facile, verrebbe da dire, per Seba Rossi. Perché quella stessa difesa in estate, trasferita sotto le insegne azzurre di Arrigo Sacchi negli Usa, sfiorò il titolo mondiale inchiodato ai rigori dal Brasile e dagli errori di Franco Baresi e Roberto Baggio.

Perciò se adesso dovesse toccare a Gigi Buffon scavalcare i due giganti che gli stanno ancora davanti, a una partita e poco più di distanza, sarà il caso di celebrare le gesta del fuoriclasse dei nostri giorni ma poi di scoprire che davanti a questo numero uno del ruolo è stato costruito, nel tempo, un sistema antifurto di straordinaria efficacia. Sarà lo stesso che rivedremo all'europeo estivo in Francia e che è diventato una nenia rassicurante: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini.

Accanto a loro potrete metterci chiunque, come lo Zaccardo di Duisburg, non esattamente Gentile o Tassotti insomma, nella certezza che il risultato resti identico e magari coincida anche con qualche sorpresa dell'Italietta di Conte.

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