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Bugno spinge Trentin sui muri del Fiandre

Gianni, che vinse 25 anni fa, punta sull'azzurro: «Sta andando forte, ma occhio a Sagan»

Pier Augusto Stagi

È la corsa dei leoni e delle gazzelle. Degli uomini dinamite e farfalla. È la corsa dei muri e del pavé: è il Fiandre. Corsa estrema e folle, la Ronde esalta coraggio e destrezza. Mostruosamente duro, il Fiandre esalta gli uomini d'acciaio e induce i protagonisti a sfidare il tempo e la sorte, perché se non hai quella, non puoi sperare di andare da nessuna parte. È una corsa carogna, per non dire bastarda, che non piace a tutti i corridori, ma a tutti gli appassionati di cose ciclistiche sì.

«Se fosse stato per me nemmeno l'avrei corsa ci confida Gianni Bugno, che il 3 aprile di venticinque anni fa, giorno di Pasqua, il Fiandre lo vinse con una volata al cardiopalmo -. Non era la mia corsa; troppo pericolosa e folle per uno come me che non è mai stato un drago a guidare la bici».

Beppe Saronni l'ha sempre odiata, al punto da non farsi quasi mai vedere quassù. Fiorenzo Magni, invece, si esaltò vincendo la Ronde per tre anni consecutivi: dal '49 al '51. E dopo di lui Zandegù (1967), Argentin (1990), il già citato Bugno (1994), Bartoli (1996), Bortolami (2001), Tafi (2002) e per ultimo Ballan, nel 2007.

Oggi si corre il Fiandre per la 103ª volta, e il Belgio si ferma: è la corsa di un'intera comunità, quella fiamminga, che considera il ciclismo al pari di una religione. È il secondo Monumento di stagione. Dopo la Sanremo e prima della Roubaix (domenica prossima), ecco la Ronde, domata un anno fa dall'olandese Niki Terpstra.

«È sicuramente una delle più belle vittorie che ho ottenuto in carriera prosegue Bugno, che oggi è presidente del sindacato mondiale dei corridori e lavora come elicotterista per l'Eni -, ho in mente solo che man mano che passavano i chilometri, il gruppo si assottigliava. Nel finale siamo rimasti una ventina, poi sul Muur, quello di Grammont, siamo restati in quattro: Tchmil, Museeuw, Ballerini e il sottoscritto. Siamo arrivati allo sprint e ho vinto al fotofinish su Museeuw. Ho temuto di aver perso perché ero convinto di aver vinto. Cosa mi è rimasto? Niente. Il trofeo non so nemmeno dove sia finito. C'è però il mio nome nell'albo d'oro: non è sufficiente?».

A Bugno l'epica e la retorica non sono mai piaciute. È un anti-personaggio da sempre, anche se sa perfettamente che questa corsa è intrisa di leggenda. Sui favoriti di oggi ha le idee chiare: «Spero in Matteo Trentin, campione d'Europa in carica, che sta andando molto forte e con un pizzico di fortuna può ambire ad un grande risultato aggiunge il due volte iridato -. Tra gli stranieri vedo Peter Sagan e l'oro di Rio Van Avermaet, ma anche il giovane Van der Poel. Senza dimenticare uomini come Stybar, Vanmarcke, Lampaert e Kristoff».

Si parte da Anversa (via alle 10.30, diretta tivù integrale sia su RaiSport che su Eurosport. Dalle 14.30 su Rai Tre), per raggiungere Oudenaarde dopo aver scalato 17 muri e coperto 267 km. Le difficolta serie cominciano dopo 100 km, con il vecchio Kwaremont. E poi il Muur, quello di Grammont, a fare da spartiacque a una cinquantina di chilometri dal traguardo.

L'arrivo è previsto attorno alle 17.

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