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Il calcio e la Ferrari Rossi e Fognini Questo è il vero Expo

Tre club in Europa, la Rossa che spaventa le Mercedes Valentino leader del mondiale e ora Fabio che umilia Nadal

Il calcio e la Ferrari Rossi e Fognini Questo è il vero Expo

Ogni tanto è bello rialzare la testa e uscire dal canneto. Viva l'Italia, facile da dire e da scrivere. Poi contano i fatti e nello sport qualcosa sta avvenendo, improvvisamente, anzi inaspettatamente.

Tre squadre di football semifinaliste dei tornei Uefa, la Juventus in Champions league, Napoli e Fiorentina nell'Euroleague, congiuntura che non accadeva dal lontanissimo duemila e tre, anno d'oro (lo spread a 3,9, non è un errore era proprio tre virgola nove) con la finale di Manchester tra il Milan e la Juventus. Anno d'oro per la Ferrari e Valentino Rossi. Ho scritto Ferrari e Valentino Rossi? Guarda un po' le combinazioni, allora protagonisti e vincenti, come oggi, dodici anni dopo, sorprese nell'uovo postpasquale, di nuovo nei titoli, in corsa per un titolo, una macchina e un pilota che segnano una storia, un'epoca, un Paese.

È l'Italia che s'è desta, come cantiamo nel suo inno nazionale, è una terra che troppo spesso dimentica se stessa, si trascura, si camuffa, è sciatta, slegata, indisciplinata. Ma poi ritrova la luce, il decoro, la dignità, la forza.

Lo sport è questo, dopo una sconfitta, dopo una crisi, dopo una delusione. È anche questo oltre la cronaca maligna. Non è oppio, non è fuga dalla realtà, è valore, è simbolo. Perché sui fogli stranieri oggi si racconta del risveglio della rossa di Maranello, della leggenda di quel ragazzo gigante in motocicletta, della scossa delle tre di coppa, come se, attraverso i motori e il pallone, l'Italia sappia e voglia dimostrare di essere un'altra, diversa, distante dalle ultime notizie nere, sgradevoli e sgradite. Un po' di orgoglio, dai; se fossimo francesi e inglesi saremmo in piazza con le bandiere e la mano sul petto a intonare canti e a spernacchiare gli avversari, se fossimo tedeschi ribadiremmo di essere über alles, ma siamo italiani, quasi assuefatti all'Italietta, immagine geografica, in crisi di denari e di identità. Ma non è così, a volte lo specchio ci frega, a volte viene meno l'autostima, l'importante non è partecipare ma flagellarsi, un popolo di Tafazzi, dopo gli anni di Fantozzi, travet del quotidiano, comprimari e mai attori. Poi arriva il gol, poi la staccata della 46, il sorpasso sulla Mercedes e parte la ola.

D'accordo, Higuain, Tevez, Gomez non hanno araldica e documenti tricolori, la motocicletta di mister Rossi è giapponese, Vettel è tedesco, Raikkonen finlandese ma, ribatto, la Juve, o' Napul'e , la Fiore, la Ferrari, Valentino, sono italiani veraci, a denominazione di origine controllata, almeno per il momento. A loro ci aggrappiamo, abbandonando, per qualche tempo, la paura del vuoto, del burrone che sta sotto e sembrava pronto ad accoglierci. Sul torpedone europeo trova un posto anche Fabio Fognini che batte, nel Godò di Barcellona, Rafa Nadal che, tra un grugnito e l'altro, quel torneo ha conquistato otto volte.

Se ricominciamo a vincere anche nel tennis maschile allora sento profumo di primavera estate tutto l'anno. Mi azzardo: è questo il vero Expo, il miglior prodotto italiano da esportare all'estero, un immediato strumento di comunicazione e di marketing, calcio-motori-tennis, in attesa che Roma riceva in dono i Giochi delle Olimpiade, obbligatoriamente senza inciuci e senza trucchi, altrimenti meglio il silenzio, con un passo indietro.

Facciamoci riconoscere per quello che davvero siamo. Se lo sport è una piccola isola del tesoro, felice è il naufragio.

Sul continente, intanto, continuano le baruffe.

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