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Capovolta la Mole: adesso comanda il Toro

Elkann dà la sveglia alla Signora. E Cairo festeggia in testa 10 anni da presidente

Capovolta la Mole: adesso comanda il Toro

La luna pienissima che domenica sera vegliava sullo stadio Olimpico di Torino aveva negli occhi il Toro più bello degli ultimi ventidue anni, capace di vincere le prime due partite di campionato con una squadra costruita con raziocinio e piena di gente giovane con la mente sgombra. Qualche centinaio di chilometri più a sud, nella capitale traboccante di giallorosso, un'altra faccia della stessa luna aveva invece già assistito al ko della Juve campione d'Italia: presa a schiaffi, quasi ridicolizzata fino agli ultimi dieci minuti e infine sconfitta da una Roma apparsa a tratti la vera Roma. «Serve una presa di coscienza seria», ha subito detto Buffon. «Chi indossa la maglia della Juventus deve onorarla e lottare molto molto di più #tempodisvegliarsi», ha rilanciato immediatamente Lapo Elkann via social con un hashtag che qualche anno fa tanti avrebbero volentieri riferito a lui.

Tant'è. In questi momenti bisogna prendere e portare a casa. La sosta per le nazionali non aiuterà, ma almeno è finito il mercato e da adesso in poi non ci sarà spazio per le scuse: la Signora deve rinascere e mettersi a correre, in fretta. Crescendo in personalità, quella che è mancata a Roma ma anche quella che non si compra al supermercato: Pirlo, Vidal e Tevez erano giocatori che solo a guardarli negli occhi ne coglievi l'animus pugnandi, Dybala (40 milioni), Padoin e l'ultimo Pogba (ma anche l'impalpabile Mandzukic visto finora) non fanno certo lo stesso effetto. Allegri dice che «rincorrere ci può stare» e ha ragione: il tifoso è però (già) sull'orlo di una crisi di nervi e il pessimismo (in attesa che rientrino Marchisio, Khedira e Asamoah) pare una macchia d'olio pronta ad allargarsi ancora. Dopo di che, non avendo ancora ricevuto nulla nemmeno dagli ultimi arrivati Alex Sandro (26 milioni al Porto) e Cuadrado, va pure detto che il tasso tecnico dell'attuale rosa si rivelerà presumibilmente più basso di quelle che l'hanno preceduta: succede, ma è chiaro che non si potrà mollare nulla.

L'altra parte del cielo di Torino gode invece di gioie che parevano dimenticate: Cairo domani festeggerà da capolista i primi dieci anni della sua presidenza, ha un allenatore come Ventura che l'intero popolo granata adora da cinque stagioni e una squadra (giovane, con Quagliarella come chioccia) che si è finora permessa il lusso di lasciare in panchina Andrea Belotti, attaccante dell'Under 21 pagato 7,5 milioni (acquisto più oneroso dell'attuale gestione) in un mercato che aveva già visto arrivare Avelar (sinistro che abbaglia), Baselli (lo voleva il Milan), Zappacosta (seguito per mesi anche dalla Juve), Acquah e Obi. «Facciamo pure una foto all'attuale classifica, così potremo dire di aver vissuto questa esperienza - gongola Ventura -. Niente ci è precluso, se giocheremo con personalità e consapevolezza».

Più che altro, il Toro ha finora dato davvero l'impressione di sapere cosa fare con tutti i suoi effettivi, trascinati da un pubblico che da mesi ha messo via i mugugni e che l'altra sera ha strombazzato per la città manco avesse vinto il campionato: la Juve a meno 6 giustifica questo e altro.

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