Sport

Doping russo, l'indagine è "dopata"

Il New York Times rivela i risultati dell'agenzia Wada. Assolti 95 atleti su 96. La Wada: "Prove insufficienti". Un'inchiesta maldestra

Doping russo, l'indagine è "dopata"

Vittoria del doping o passo falso per i luminari dell'antidoping? Per qualche maligno è piuttosto la vittoria di chi pensa e intende lo sport solo come espressione di potere, controllo e dominio. E per perseguire tutto questo, mette in moto tutta una serie di architetture politiche che possono garantire risorse economiche, appoggi e coperture: leggi doping di Stato. La questione è più triste e complicata di quanto possa apparire, soprattutto alla luce della decisione presa dalla Wada, l'organismo mondiale dell'antidoping, che ha pensato di assolvere 95 dei primi 96 casi di atleti russi coinvolti nel maxi scandalo del doping di Stato emerso dopo la pubblicazione del rapporto McLaren. A prima vista si potrebbe parlare di brutto colpo per l'antidoping. Per la serie: tanto rumore per nulla. Uno scandalo che doveva far crollare un impianto colossale e che alla fine produce ben pochi effetti, se non il sospetto che qualcosa non abbia funzionato a dovere nell'inchiesta condotta dagli 007 Usa.

A rendere nota la decisione di assolvere 95 atleti russi su 96 è stato il New York Times, che ha citato un rapporto interno dell'agenzia antidoping: «Le prove disponibili sono insufficienti per affermare che ci sia stata una violazione delle regole antidoping per questi sportivi», ha scritto Olivier Niggli, direttore generale dell'agenzia. «Dobbiamo accettare il fatto che l'obiettivo del rapporto McLaren era quello di smascherare un sistema di doping e non le violazioni dei singoli atleti». Ora ci si chiede se sia prevalsa l'efficacia del sistema russo nel distruggere le prove o abbia influito negativamente l'approccio troppo soft da parte degli investigatori.

Richard McLaren, lo 007 che per 2 anni ha analizzato gli schemi del sistema russo identificando circa 1000 atleti coinvolti, ha precisato che molti casi resteranno irrisolti e di difficile soluzione a causa della mancata cooperazione da parte di Mosca nel fornire i dati di laboratorio e per la prassi di distruggere i campioni di urine contaminate utili per l'incriminazione. Ma anche i dirigenti Wada hanno delle responsabilità, visto che per mettere spalle al muro i 95 atleti in questione, nessuno ha sentito la necessità di sentire la 'gola profonda' di tutta l'inchiesta, il dottore Grigory Rodchenkov, l'ex direttore del laboratorio antidoping russo, che ora vive sotto protezione in Usa. Delle 96 posizioni aperte, come detto 95 sono state chiuse, una produrrà un procedimento disciplinare, visto che i funzionari hanno recuperato un campione di urina contaminata, trovata nel laboratorio del dottor Rodchenkov a Mosca. Migliaia di altri campioni sono stati invece distrutti, ha spiegato lo stesso ex direttore del laboratorio, dal governo russo.

Insomma, come è facile comprendere, questo non è solo un scandalo sportivo di valenza internazionale (con esclusione di molti atleti dalle Olimpiadi di Rio) ma è assurto alle cronache internazionali per le ricadute e le conseguenze a livello politico-diplomatico, con toni da guerra fredda tra Washington e Mosca. Ed è altrettanto chiaro che questa partita è ancora lontana da essere chiusa.

È guerra fredda, ma nelle stanze dei diplomatici russi e americani fa maledettamente caldo.

Commenti