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Cent'anni di bici, due Giri del mondo

I corridori vanno in giro e in giro si portano appresso gente di ogni tipo, sport di popolo perché, come diceva Pasolini, il pubblico qui partecipa perché non paga

Cent'anni di bici, due Giri del mondo

E poi arriva il Giro. Quattro lettere, non c'è nemmeno bisogno di aggiungere d'Italia, è compreso nel prezzo. Cento anni fanno un tot di tappe, montagne, discese, neve, pioggia, nebbia, fango, sofferenza, gioia, sacrificio, lacrime, tormento, incubo, tragedia, doping, uomini soli, mai solitari, il ciclismo si concede e concede l'evento più importante. I corridori vanno in giro e in giro si portano appresso gente di ogni tipo, sport di popolo perché, come diceva Pasolini, il pubblico qui partecipa perché non paga. Non è soltanto per questo. Il Giro comunque raduna e raggruma, si infila tra mille partite di calcio, chiacchiere superficiali da bar, liti condominiali su rigori e fuori gioco. No, qui si torna a fare il tifo giusto, non acido e triviale, non ci sono i devi morire e se veniamo di lì. Al massimo, ma sta diventando il minimo, si pedala tra i sospetti maligni, il ciclismo paga sempre la penale più pesante e meno pensante. Si incomincia pensando a chi non c'è, Scarponi, l'ultimo, se ne è andato e il Mortirolo servirà a ricordarne il nome e la vita strappata via da uno sciagurato camionista.

Un secolo di biciclette, messe in fila fanno due Giri ma del mondo, cento anni di imprese belle, raccontate dalle migliori penne di questo mestiere che fatica a resistere, come lungo una salita che non finisce mai. «Siamo in attesa di collegarci con la quinta tappa del Giro d'Italia», ricordi di cento pomeriggi trascorsi davanti al televisore in bianco e nero. Oggi non ci sono intervalli con le pecore, oggi la telecamera non concede pausa, acchiappa i ciclisti al mattino, li segue, li pedina, li scruta, li accompagna seguendoli sui tornanti, inseguendoli in discesa, anticipandoli al traguardo. Braccia al cielo, ringraziando Iddio che la corsa sia finita. Ma ne incomincia, subito, un'altra, il giorno appresso, senza tregua. Così, pedalando in Giro per l'Italia. Da cento anni.

Ma sembra ieri.

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