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"Charlotte è il posto giusto. Ma che paura i primi giorni"

Beli e l'arrivo nella città blindata per le proteste dei neri: "Chiuso in casa a guardare gli elicotteri della polizia..."

"Charlotte è il posto giusto. Ma che paura i primi giorni"

New York - Marco Belinelli sorride. I suoi Charlotte Hornets hanno cominciato la stagione con il piede giusto (tre vittorie su 4 partite fin qui) ma tutto questo, almeno per una volta, è relativo. Lui, giunto alla sua decima avventura a stelle e strisce, ha ancora voglia di provare a migliorarsi, non a caso appena comincia a raccontare le sue sensazioni di inizio anno, l'entusiasmo che traspare dalle sue parole è contagioso. Dopo quella che lui stesso definisce una complicata parentesi in quel di Sacramento, nel North Carolina Marco riconosce di essere al posto giusto nel momento giusto. «Mi sento di nuovo protagonista attacca con aria sicura non che prima non lo sia stato, ma sono davvero contento di questo cambio e non vedo l'ora che la stagione entri nel vivo proprio per dimostrarlo».

Cosa la convince?

«L'ambiente, senza nulla togliere a nessuno, mi sembra di essere ritornato indietro nel tempo ai giorni di San Antonio. L'organizzazione è molto seria, ci sono programmi molto ambiziosi e tutti ne sono consapevoli».

Cosa dobbiamo aspettarci quest'anno da questi Charlotte Hornets?

«Gli obiettivi sono chiari: vogliamo migliorare l'uscita al primo turno dei play-off dello scorso anno. Rispetto alla scorsa stagione abbiamo cambiato parecchio sotto canestro, ma siamo molto più competitivi e poi, hanno confermato un giocatore straordinario come Nicolas Batum».

Quando dici Charlotte Hornets il mondo della pallacanestro si ferma sempre di fronte ad un nome e un cognome: Michael Jordan. Lei ha avuto modo di incontrare il suo nuovo datore di lavoro?

«In due occasioni separate ma se la domanda è quante volte ho avuto modo di conoscerlo meglio da vicino, beh non ancora. Sto aspettando, ma mi confermano che lo si vede spesso alle partite e chiaramente non vedo l'ora di averlo cinque minuti tutti per me».

A Sacramento che cosa non ha funzionato?

«E' stato un anno particolare ma personalmente preferisco concentrarmi solo sul futuro. Qui a Charlotte sto bene, i miei compagni mi rispettano e sono molto contento del modo in cui la squadra sta giocando».

Dieci anni in questa lega, sette squadre diverse e un anello al dito. Personalmente cosa c'è ancora da aspettarsi da Marco Belinelli?

«E' una bella domanda, sono molto contento per l'opportunità che mi è stata offerta qui a Charlotte. Voglio vincere ancora e cercare di migliorarmi per contraccambiare la fiducia che i miei compagni ripongono in me».

Se potesse scegliere dal suo passato, qual è il giocatore che vorrebbe di nuovo con se in squadra?

«La lista è lunga, sono tanti. Se proprio devo sceglierne uno, dico Manu Ginobili. Da lui non smetti mai di imparare».

Quest'anno il mondo dello sport professionistico americano sta attraversando un momento particolare. Ci sono parecchi atleti che hanno deciso di protestare durante gli inni nazionali visti i disagi sociali nel paese. A Charlotte poi, voi avete anche vissuto in prima persona dei giorni piuttosto tesi. In spogliatoio se ne parla?

«No, non ne abbiamo parlato, il basket rimane l'unico focus in questo momento. Per quanto riguarda Charlotte, le cose si sono calmate ma appena arrivato in settembre erano un pochino tese. Mi ricordo i primi giorni chiusi in casa a guardare fuori dalla finestra. Dal quarantesimo piano vedi bene. Posso dire che la polizia teneva la situazione sotto controllo, si sentivano quattro elicotteri in aria e nel giro di qualche giorno siamo ritornati alla normalità».

Parliamo di nazionale: presente, passato e futuro. Da dove cominciamo?

«Ad un certo punto, almeno rispetto agli anni precedenti, ho avuto la netta sensazione che eravamo pronti per il salto di qualità invece poi è andata come tutti sappiamo. Come dire, avanti con Ettore (Messina, ndr) e pensiamo all'Europeo. Oramai quello che è passato, è passato.

Dispiace, ma voltiamo pagina».

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