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Chievo e Parma nei guai. Oggi la sentenza, rischiano entrambe la A

Emiliani nel mirino per l'ipotesi di combine, i veronesi per il caso delle plusvalenze fasulle

Chievo e Parma nei guai. Oggi la sentenza, rischiano entrambe la A

Miseria (nostra) e nobiltà (altrui). Terminata la festa Mondiale, arriva subito un brusco ritorno alla realtà del calcio italiano con la sentenza, attesa per oggi, del Tribunale federale nazionale della FIGC sui casi Parma, Chievo e Cesena. Le accuse? Illecito sportivo nel primo caso - e bilanci falsificati. Storie già sentite decine di volte, eppure a volte ritornano, come da titolo del noto romanzo horror di Stephen King. Giornate quindi calde, non solo per i club coinvolti ma anche per i compilatori dei calendari. Il Chievo rischia di finire in B, il Parma addirittura in Lega Pro, mentre il Cesena ha già alzato bandiera bianca, visto che una nota diramata ieri dal club ha comunicato la rinuncia a presentare eventuale ricorso e l'adesione «all'istanza di fallimento avanzata dalla Procura della Repubblica di Forlì».

Il caso Parma riguarda il presunto tentativo di combine effettuato dall'attaccante gialloblu Emanuele Calaiò mediante invio di sms ai colleghi dello Spezia Filippo De Col e Claudio Terzi, al fine secondo la Procura Federale «di alterare il regolare svolgimento e il risultato finale della gara suddetta, tentando di ottenere un minor impegno agonistico da parte dei calciatori dello Spezia Calcio, per assicurare alla propria squadra il risultato favorevole dell'incontro». Nella vicenda il Parma è stato deferito per responsabilità oggettiva e, in caso di condanna, può rischiare dalla penalizzazione in classifica alla retrocessione all'ultimo posto del campionato di competenza. In poche parole gli emiliani, neopromossi in A, potrebbero ritrovarsi in Lega Pro.

L'inchiesta su Chievo e Cesena nasce invece da una serie di articoli del giornalista Pippo Russo, pubblicati lo scorso gennaio sul sito Calciomercato.com e citati dal Procuratore Federale nel suo atto d'accusa. L'illecito contestato è quello di aver registrato a bilancio delle plusvalenze fittizie, allo scopo di mostrare un patrimonio netto del valore superiore rispetto a quello reale, al fine di risultare in regola per le iscrizioni ai campionati dal 2015 al 2018. Nel periodo preso in esame, le due società si sarebbero scambiati un totale di 30 calciatori, generando plusvalenze fittizie per oltre 25 milioni euro. Singolare come, in quattro anni, il Chievo abbia realizzato plusvalenze per un totale di quasi 61 milioni di euro, cedendo quasi esclusivamente giocatori sconosciuti, e non al PSG di turno, ma a club di divisioni inferiori. Tra i tanti casi, spicca quello del nigeriano classe 2001 Eziefula Lordswill, che nemmeno esiste nel database di Transfermarkt, ed è evidentemente sconosciuto anche al compilatore dei bilanci del Chievo, vista l'errata trascrizione del cognome (Lordwill). Questo carneade è stato ceduto dai clivensi al Cesena per 1,8 milioni di euro. «Tutta la documentazione contrattuale sottostante i trasferimenti oggetto di analisi», scrive il Procuratore, «è stata sempre sottoscritta da Luca Campedelli (Presidente) per il Chievo».

Ai margini del processo, da notare come questi bilanci siano stati approvati dalla COVISOC (la commissione di vigilanza della FIGC) senza battere ciglio. Chi controlla il controllore?

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