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Ma ci meritiamo quattro posti in Champions?

di Franco Ordine

I n un giorno di lutto autentico per il Belpaese, sembrerà quasi blasfemo occuparsi della mesta e malinconica resa della Roma dal turno preliminare di Champions. E invece tocca occuparsene facendo bene attenzione all'uso di aggettivi e metafore ed entrando subito nel merito di questa ennesima retrocessione del calcio italiano dalla coppa più importante e più ricca che è diventata in qualche caso (la Juve attuale a caccia di un successo) una splendida ossessione. Di sicuro è un traguardo capace di condizionare scelte, cambi di panchine, investimenti onerosi di calciomercato. Se si scorre l'elenco dei club che hanno, come la Roma, impoverito la pattuglia italiana continentale prim'ancora di dare il via alla stagione, si coglie subito una sola, significativa assenza. Quella del Milan berlusconiano e non solo perché è stata l'unica squadra (allenatore Allegri) a qualificarsi dal 2010 ad oggi (al cospetto del Psv Eindhoven) ma perché a ben rileggere la storia della Champions rossonera i due strepitosi successi di Manchester (2003) e di Atene (2007) sono arrivati dopo una rincorsa prodigiosa, partendo proprio dal preliminare (col Liberec in un caso, con la Stella Rossa nell'altro). A pochi mesi dall'approvazione della riforma che intende premiare la storia e la tradizione di alcune federazioni (tra cui l'Italia appunto) e che riporterà a quattro le rappresentanti del nostro calcio da far entrare in Champions league, non è di sicuro una gran bella pubblicità.

E adesso proviamo a scoprire il virus che ha procurato la recente epidemia. C'è un aspetto di natura psicologica spesso sottovalutato. Avere la cultura della coppa dei Campioni, conoscerne gli inganni e i segreti, non è una qualità che si può acquistare in qualche supermercato eppure risulta fondamentale. Significa avere l'abitudine a certe sfide, significa affrontarle con rigore ma senza consumarsi in vigilie tormentate, significa tenere a freno slanci ed emotività. Le tre espulsioni rimediate dalla Roma in 180 minuti sono un grave segnale dell'incapacità di domare le tensioni avvenuta nello spogliatoio di Spalletti. Secondo tema: partire in ritardo, con la preparazione, rispetto alla concorrenza continentale (in Portogallo il torneo è cominciato la settimana di ferragosto) senza aver completato l'organico e magari con arrivi in tutta fretta (Bruno Peres per il ko di Florenzi) o debutti di elementi inesperti (Paredes), è un peccato che si ripete negli anni e che nulla ha insegnato a dirigenti e tecnici.

Purtroppo.

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