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Colpa di Eolo, i campioni non sbagliano Alonso resta in ospedale: altri test. Medici

Fernando è in vestaglia. Hospital General de Cataluña. Protetto dall'attenzione del mondo mentre quel mondo gioca ancora a ping pong con le ipotesi sulla dinamica del suo incidente. Sono le stesse di domenica: vento, la più gettonata; guasto tecnico, in calo; scossa elettrica, in vistoso calo; malore, neanche a parlarne. Quella più ovvia, normale, plausibile dell'errore di guida, figuriamoci. Che non sia mai. Quella guai solo a pronunciarla. Eppure a Fernando è probabilmente e semplicemente successo di sbagliare, di andare largo in quella fottuta curva 3 e - come da ricostruzione fornita dalla McLaren - sbattere prima violentemente con l'anteriore e poi meno col posteriore strisciano con tutta la parte destra della monoposto. Un uno-due devastante e stordente. E c'è il segno delle frenata sull'asfalto. Dunque Nando non ha perso conoscenza, ha capito che il vento (vento?) gli aveva fatto sbagliare i calcoli e che il muretto s'avvicinava. Vettel era dietro di lui. Niente vento? Dai. Ha commesso un errore. Punto. E poi sbattuto due volte, la prima subendo una decelerazione di 30 G e la seconda di 10. Per il corpo, la testa, i pensieri è uno choc, è dimenticarsi d'essere nato, è restare rimbambiti a bordo pista come accaduto a lui.

«È ora di pranzo! Grazie a tutti per il vostro appoggio» dice adesso Fernando con un tweet. Cinguetta in vestaglia bianca dalla camera del reparto di terapia intensiva dove anche ieri è rimasto. Non è stato dimesso. Sono necessari altri controlli. A rischio la partecipazione ai test della settimana prossima sempre a Barcellona. Il suo manager, Luis Garcia Abad, scherza e non scherza: «Se farà i test? In questo momento per noi gli unici test che contano sono quelli medici a cui si sottoporrà nei prossimi giorni...».

«Non so, il vento? Può anche essere» commenta in serata il suo scopritore, Giancarlo Minardi. «Quando correvano le mie macchine è successo qualcosa di simile anche a noi. Eravamo a Vallelunga e su un dosso il pilota perse il controllo per una folata. Andava però al doppio della velocità di Fernando (per cui a 300 all'ora)». Il vento, dunque. A furor di comunicati è diventato Eolo l'imputato numero uno dell'incidente. Il team inglese ha infatti scodellato prove e dati e telemetrie per dimostrare che Alonso aveva frenato, scalato marce, che non era svenuto, che non si trovava su una sedia elettrica, che l'aerodinamica funzionava. Il vento. Cioè un errore.

Capita.

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