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Comandano agenti e certificati I presidenti grandi sconfitti

Federico Malerba

Il calciomercato appena concluso ha avuto un vincitore indiscusso, e non è il Milan. Da Niang a Keita, da Kondogbia a Kalinic, da Bernardeschi a Spinazzola a trionfare è stato il certificato medico, nuovo grimaldello per forzare le trattative più incastrate. Medici della mutua più procuratori, un'alleanza diabolica per combattere la vera guerra in atto nel calcio moderno: che - bisognerebbe spiegarlo ai presidenti, troppo indaffarati a cercare di strapparsi i calciatori l'uno con l'altro - non è tra club, bensì tra datori di lavoro e dipendenti, almeno fino a quando i professionisti del pallone continueranno a godere di questo status antistorico.

In un mondo dove tutti si riempiono la bocca con valori e scelte di vita in realtà conta solo il denaro, e c'è sempre una società più povera di cui ammaliare i giocatori promettendogli stipendi tripli o quadrupli ma - a meno che tu non sia il Paris Saint-Germain - anche una società più ricca che farà altrettanto con i tuoi. E ad approfittarne sono loro, i dipendenti più fortunati del pianeta e i loro agenti che negli ultimi anni hanno guadagnato sempre più potere e sempre più quattrini. Prendiamo l'esempio di Lotito, che dopo essere stato messo con le spalle al muro da Keita - lo spagnolo era in scadenza 2018 e per tutta l'estate ha puntato i piedi pretendendo di essere ceduto alla Juve e solo alla Juve - è uscito dal cul-de sac pescando il jolly del Monaco, che ha strapagato la Lazio e il ragazzo, e un secondo dopo si è autoproclamato paladino delle regole. «I procuratori mi minacciavano dicendo che non avrebbero fatto giocare i loro calciatori - ha spiegato il presidente biancoceleste a Il Foglio -, pretendevano di scegliere loro dove andare e a che prezzo. Io a questi gli ho fatto una guerra alla morte. Come? Rivolgendomi alle istituzioni e facendo valere i miei diritti».

Tutto molto bello. Peccato che invece a levargli le castagne dal fuoco sia stato il re dei procuratori, Jorge Mendes, che da un lato gli ha trovato un compratore a 30 milioni di euro (laddove la Juve ne aveva offerti al massimo 18 più bonus) ma dall'altro lo ha costretto a reinvestire quasi tutto il bottino su calciatori della sua scuderia: per due ragazzini di 17 e 19 anni, Pedro Neto e Bruno Jordão, la Lazio pagherà fino a 25,5 milioni tra prestito, rinnovo del prestito e riscatto obbligatorio.

È solo un caso emblematico ma illustra perfettamente il conflitto di cui sopra e allarga il fronte a un'altra contrapposizione sempre più evidente: quella tra gli agenti e i direttori sportivi. Che sempre più spesso vengono scavalcati nel loro ruolo, essendo costretti a passare attraverso quei mediatori che in definitiva tirano i fili di tutto il calciomercato.

Vincono i procuratori e i calciatori, perdono le società e i loro dirigenti. E così sarà sempre di più, finché i club non capiranno di essere tutti sullo stesso lato della barricata e faranno fronte comune per cambiare davvero le regole

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