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Com'erano belle le maglie quando i portieri erano neri

Di che colore è la maglia dell'Atalanta? Rossa, ovviamente. E quella del Torino? Azurrino pallido. Nel pallone del terzo millennio, quello che sta allontanando sempre giù la gente dagli stadi, si può vedere anche questo. Parliamo delle seconde maglie, ovviamente. Ma se un tempo la seconda divisa era la più neutra possibile (generalmente bianca con i bordini che richiamavo i colori sociali) e veniva indossata quando proprio era strettamente necessario per evitare confusioni con gli avversari (Juve-Udinese, Milan-Foggia ecc.), adesso è diventato un vezzo che segue più le necessità del merchandising che quelle dell'arbitro e degli spettatori. Altrimenti perché l'Atalanta deve vestirsi di rosso per affrontare la Juve? Forse il nerazzurro non basta a distinguersi? E perché il Toro abbandona il granata di fronte all'Udinese per indossare un celestino annacquato che non può avere nessun legame con il temperamento sanguigno della squadra piemontese?
Ma Atalanta e Toro sono solo due casi recenti di un vortice di colori che depisterebbe chiunque. Avete mai provato a mettervi davanti al televisore in una giornata di campionato quando la girandola dei collegamenti porta le immagini da tutti i campi? Provate ad abbassare l'audio e cercate di capire di che partite si tratta: è veramente un'impresa. Bologna in verde pisello, Lazio in giallo, Udinese in arancione, per non parlare della maglia mimetica del Napoli che va oltre ogni giudizio estetico... E all'estero non sono da meno: il Real Madrid in arancio, il Barcellona che sembra il Catanzaro, il Manchester United vestito come gli All Blacks, il Celtic che ha una delle maglie più belle e si veste di giallo. Si salva il Bayern, perchè nessuno ha mai capito quale sia la sua vera maglia, visto che le cambia sempre...
La Fifa e l'Uefa d'altra parte sono attentissime a non far confondere le squadre tra loro. Ovviamente è vietato avere maglie simili, ma devono essere diversi anche i pantaloncini e persino i calzettoni. Nel derby di Milano, ad esempio, si capisce chi gioca in trasferta perché è costretto ad indossare i calzettoni bianchi, così il pubblico non rischia di tifare per gli avversari... Regole inflessibili, salvo poi scordarsi di controllare le maglie dei portieri che tante volte sono quasi identiche a quelle dei giocatori, ma lì nessuno interviene.
Per uscire da questo elettroshock in technicolor adesso c'è una ricetta. Un libro che ci riconcilia con la tradizione e l'armonia del calcio che fu. Un viaggio fotografico nell'evoluzione delle maglie delle squadre che hanno frequentato, almeno per una stagione, la nostra serie A, dal 1929 ad oggi. “Le maglie della serie A” (Codice Atlantico editore, 25 euro) è la rassegna fotografica e didascalica della trasformazione dell'indumento più classico del calcio, dalle divise di lana degli anni Venti a quelle sofisticatissime di oggi. Una rassegna curata da un appassionato, Giorgio Welter, che è soprattutto un tuffo nella nostalgia: dalle maglie stile River degli anni '50-60 al Lanerossi Vicenza con la pudica “R” del primo sponsor, dai blucerchiati ai biancoscudati, ai rossoalabardati, fino al Venezia in verde e nero che posa sulla riva del Canal Grande. Com'erano belle le nostre maglie.

E non ci confondevano mai.

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