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La commedia dei consulti che trasforma l'arbitro nel primo degli indecisi

L'ultimo esempio con Rizzoli sulla rete di Pjanic Caos, auricolari, minuti persi e addio certezze

La commedia dei consulti che trasforma l'arbitro nel primo degli indecisi

Andrà sempre peggio. Ormai gli arbitri hanno paura, si consultano, come fossero medici in sala operatoria dinanzi a un caso delicato, temono di sbagliare, rischiando chissà quali conseguenze. E sbagliano. Non perché il gol di ieri sera, quello segnato da Pjanic su punizione e poi annullato, fosse più o meno regolare, ma perché il vertice successivo tra Nicola Rizzoli e i suoi collaboratori, lo scambio di pensieri, parole, opinioni, ha ribadito che la nuvola grigia, quella delle nuove tecnologie, della Video assistenza arbitrale, finirà per uccidere lo spirito di questo gioco, la sua fluidità, in ultima analisi l'accettazione del verdetto.

La colpa di Rizzoli, come quella di Tagliavento e del suo staff durante la lunga e comica sospensione del derby di Genova per una interferenza elettronica sui loro orologi che segnalano il gol non gol, la colpa di Rizzoli, dicevo, è di essersi infilato nel circuito velenoso e avvelenato della paura, dell'incertezza, l'ansia dell'errore. Così era accaduto a Catania tre anni fa, quando come assistente di porta, aveva invalidato un regolarissimo gol siciliano, come domenica scorsa, quando sempre da assistente, aveva suggerito un rigore inesistente a favore dell'Inter. E ieri sera, da arbitro, internazionale, di grande perizia dunque, si è ripetuto, ritornando sulla propria decisione ma non immediatamente dopo una segnalazione ma al termine di una lunga conversazione.

Milan Juventus da sempre è destinata a essere una occasione di litigi, dibattiti, polemiche, illazioni. Nei favolosi anni Sessanta ci fu una pacifica invasione di campo al Comunale di Torino e il Milan di Grillo andò a vincere 5 a 4 con la folla che occupava la pista di atletica, la fascia laterale esterna, tutto lo spazio dietro le porte. La svista sul gol enorme di Muntari è stato il penultimo episodio, andando a memoria debole: non c'erano assistenti di porta e a parte il polverone e i dibattiti televisivi, tutto si concluse.

Oggi l'arbitro ha quattro collaboratori di linea più il bidello destinato a segnalare il recupero e i cambi. Sei uomini non ne fanno uno, cresce la confusione, aumentano gli equivoci. Bonucci era in fuorigioco? No. Ma forse ha condizionato l'intervento di Donnarumma? Forse. Rizzoli aveva convalidato il gol? Si. Il suo assistente di porta anche? Si. L'assistente di linea? No. Almeno questo dicono le immagini che, tuttavia, aggiungono caos, perché smascherano Rizzoli che dialoga con il suo assistente ma, contemporaneamente, ascolta quello che gli viene detto all'auricolare da un altro collaboratore. Secondi, minuti, come al Ferraris di Genova, si perdono non le partite ma si perde il football. L'errore è umano ma la commedia dei consulti non serve a nessuno.

La partita di ieri sera, a sprazzi bella, è diventata sporca e nervosa proprio per le incertezze di Rizzoli e della sua squadra.

Non è la prima volta, non sarà l'ultima ma il calcio non può essere vittima della paura dei suoi giudici sul campo. Per fortuna ci sono i calciatori che restituiscono al gioco la sua bellezza. Manuel Locatelli lo ha dimostrato ieri sera. Il Milan è vivo, la Juventus è sfinita.

Senza Dybala saranno tempi duri per Allegri, in champions e in campionato.

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