Sport

Nel segno della diversità e della "Giuventus"

Non c'è titolo bianconero, fra quelli degli ultimi anni, così votato a segnare un cambio di passo

Carlos Tevez festeggia dopo il goal
Carlos Tevez festeggia dopo il goal

Una Juve dalla A alla Tevez. E stavolta non tanto, o non solo, A come Agnelli ma A come Allegri, che non sarà un allenatore da gran varietà calcistico però è un vincente. Che qualcuno potrà intendere come fortunato, baciato dallo stellone e dalle stelle: magari quelle che si ritrova in campo e nello spogliatoio. Juve toccata dalla diversità. Non più una testuggine votata al vivi e non lasciar vivere, gestita dalle ossessioni di Conte, ma una compagnia di bandiera esaltata dal piacer del gioco e ispirata dalla pragmatica leggerezza di un toscano caratterialmente controcorrente.

Non c'è titolo bianconero, fra quelli conquistati negli ultimi anni, così diverso, così votato a segnare un cambio di storia, di passo, di credibilità. Poi i soliti noti continueranno ad annoiarci giocando sul tormentone circa il numero degli scudetti, sul campo e a tavolino. Ma quelle sono le piccolezze, le miserie di chi non gioca e non sa gustarsi la bellezza del godimento che viene dai fatti del campo. Eppure questo è uno scudetto che lascia un segno di “giuventus”, prima ancora che di Juventus. Nonostante la presenza di grandi vecchi che hanno mostrato bravura e impronta. Juventus-giuventus perché solo chi cambia può sentirsi giovane, solo chi è pronto a mutar idea ha dentro di sè il seme della gioventù. E tale è stata la Juve nel gioco e nel ricamare il rinnovamento di un atteggiamento sul campo, di una sofferenza calcisticamente necessaria per crescere.

Una Signora con rughe, ma poi vedi Morata e Pogba, Coman e Pereyra. Al tirar delle somme, troppo forte per tutte le concorrenti potenziali allo scudetto ma non così forte da sembrare imbattibile. Non a caso le sconfitte sono state più numerose del solito, lontana dal record di punti del 2014. Eppure cosa racconta la morale di ogni storia? Conta solo vincere. E' stata la strada maestra, la stella cometa seguita da Allegri, sposata senza dubbi da Buffon e Chiellini, Pirlo, Marchisio e Tevez, quelli che hanno l'età, quelli che contano. Solo un gruppo convinto di lasciar indietro i ricordi del passato, le urla di Conte e le idee che tutto passi attraverso la ferrea applicazione di un gioco e di una idea, poteva traversare il fiume, scalare la montagna, ritrovarsi con uno scudetto in più e una stagione più attraente, positiva, appagante di quelle precedenti.

Juve inseguita sempre: da tutto e da tutti. Non sono mancati i lamenti altrui sulle concessioni arbitrali. Sono stati il primo alibi per la Roma. Ma, poi, dai lamenti bisogna passare ai fatti: la Juve ha tenuto botta, strapazzato gli avversari, rischiato la faccia ed anche qualche rovescio. Ha vinto lo scudetto ad ogni tappa fondamentale, si è fermata solo nel derby di ritorno con quel contorno di beceraggine fuori campo. Ha vinto con il gioco e alternando il suo modo di difendere, camaleontica e killer. Seppur in un campionato modesto, oggi la Juve vuol dire ancora qualità.

Vedi Tevez e poi muori. Una volta lo dicevano di Napoli.

Oggi vale per il fantastico 10: meglio di un varietà.

Commenti