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Conte, dubbi e pensieri d'addio

Il tecnico bianconero ha messo il broncio: "Se arriveremo alla decisione di dividerci, non starò fermo un anno"

Conte, dubbi e pensieri d'addio

Osvaldo non è un nome, è un cognome. A Roma lo conoscevano bene e lo avevano soprannominato Simba, era il re Leone come Gabriel Batistuta. Il leone non si è addormentato e si è vendicato, come in un delitto perfetto, di chi lo aveva licenziato. Forse anche a Torino lo metteranno alla porta, potrebbe non servire il gol record di ieri, così come non era bastato il gol segnato alla Juve con la maglietta della Roma, quello segnato ancora alla Juve con la maglietta della Fiorentina. Sono cose di football, un po' strane, perché questo gioco non si fa mancare nulla. Ma proprio nulla. Al punto che l'allenatore che ha vinto, come nessuno mai prima di lui nel dopoguerra, tre scudetti uno dietro l'altro, con punteggi da urlo, questo allenatore, dicevo, ha messo il broncio, ha capito che così dura minga, non può durare, non tanto per lui ma per la ditta che lo ha assunto e che non fiata su investimenti, futuri, varie ed eventuali.

Se Andrea Agnelli è su di giri come una Mercedes e non una Ferrari, suo cugino Elkann John e Marchionne Sergio non hanno finora una sola parola per accarezzare il trentaduesimo, sul campo dicono, scudetto e per aggiungere che il titolare dell'officina non si muoverà, giù le mani da Conte che è un patrimonio. Niente, silenzio totale su tutti i fronti. E allora Antonio Conte, dopo aver rimesso la chiesa al centro della città che di chiese ne ha mille, ha annunciato in televisione le seguenti cose: «Se insieme arriveremo alla decisione di dividerci, non starò fermo un anno, e valuterò offerte intriganti, sono contrario all'anno sabbatico. Tra poco faremo chiarezza. Bisogna capire se ci sono margini per migliorarci ancora, su questo nutro dei dubbi. Sarà dura anche per quelli che arriveranno dopo». Quel «nutro dubbi» è invece una certezza, ha capito, il Conte, che non c'è trippa per gatti e zebre, che il financial fair play è un alibi sostanzioso per chi con la Juventus ha un rapporto aziendale e non di affetto e tifo profondi. L'uscita di Conte rappresenterà una svolta dolorosa per il club, non soltanto per la squadra. Perché Conte non ha svolto soltanto il ruolo dell'allenatore ma ha rappresentato, insieme con Andrea Agnelli, la Juventus, dopo un periodo vergognoso e svergognato. Questo lo sa Conte, lo sa Agnelli ma, credo che sia arrivato il momento di decidere che cosa fare di questa squadra e di questo tecnico.

Alla prossima.

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