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Conte: «Problemi con il club? Tutto per non farci vincere»

Torino In principio fu «i nemici sono ovunque», frase pronunciata alla vigilia del match casalingo contro il Milan. Ieri, altro giro e altro regalo: «Le voci secondo cui io avrei problemi con Marotta e la società fanno parte della destabilizzazione che si vuole creare per non farci vincere ancora». Avanti così, allora. Con la sindrome da accerchiamento di cui Mourinho era maestro e che in casa Juve, a seconda dei momenti storici, amano coltivare: «Qualcuno prova a sfasciare tutto. Non si vuole che noi si vinca ancora». Certo non lo vuole la Roma capolista e ci mancherebbe altro, certo non lo vogliono le rivali per lo scudetto e idem come sopra: sul resto, meglio magari pensare solo al Genoa che oggi sbarca allo Stadium. «Abbiamo creato una piccola macchina da guerra che ha vinto quattro trofei abbattendo pure i costi - prosegue Conte -. Fare di più era secondo me impossibile». E se Agnelli ha spiegato un paio di giorni fa che «dobbiamo essere più cinici e concreti, bisogna guardarsi negli occhi e capire che si vince con il lavoro quotidiano», Conte accetta il messaggio «ma io non mi sento assolutamente toccato da quanto detto. Il presidente ha parlato a tutti, così come faccio io: poi c'è chi si sente chiamato in causa da certe parole e chi no perché, facendo il proprio lavoro, sta cercando anche quest'anno di far girare la macchina a 3000». Ovvero lui, Antonio Conte: «È da agosto che ribadisco quanto sarà difficile vincere ancora, perché dopo due anni super magari capita di dare qualcosa per scontato. Sono contento di aver anticipato quello che ha rimarcato il presidente: gridare “al lupo, al lupo” già da qualche mese ha permesso alla squadra di iniziare un percorso importante». Più che il Genoa, che contro la Juve ha pareggiato tre degli ultimi quattro incontri di campionato, la scena se la prende ancora il discorso fatto da Agnelli a margine dell'assemblea degli azionisti: «Meglio vincere giocando male che perdere giocando bene? Le sue parole non sono state interpretate correttamente: il presidente voleva dire che preferisce giocare male e vincere una partita importante, come quella di Madrid, piuttosto che uscire tra gli applausi ma da perdenti. Io non trovo altra via per vincere se non quella di giocare bene. Noi miriamo alla vittoria finale e, per arrivarci, non si può prescindere dal bel gioco».
Da cercare pure oggi, ovviamente, contro il Genoa di Gasperini. Conte richiama anche il suo pubblico, come a dire che nel rilassamento generale potrebbe essere rimasto coinvolto anche il tifoso duro e puro: «Siamo tornati un po' a teatro. Servono fame ed entusiasmo che avevamo quando i giocatori e il pubblico assalivano gli avversari». Ce n'è per tutti, insomma. Così come ci sarà il tentativo di dosare le forze nel bel mezzo di un ciclo pesante che ha visto la squadra «raccogliere meno di quanto meritasse contro Fiorentina e Real». Barzagli e Vidal potrebbero risposare, mentre il 3-5-2 dovrebbe tornare a essere il modulo di riferimento pur senza dimenticare le buone indicazioni arrivate da Madrid con il 4-3-3: in attacco, ancora assenti Quagliarella e Vucinic, toccherà così per la terza volta di fila a Llorente e Tevez visto che anche Giovinco non è al top della condizione. Con la Roma a +5 e il trittico Genoa-Catania-Parma da affrontare prima di vedersela di nuovo con il Real Madrid, non sarà ammesso risultato diverso dalla vittoria. In caso contrario, i tentativi di destabilizzazione arriveranno dal campo e non da fuori: lì, nel rettangolo verde, la Juve è stata sconfitta due volte di fila e ha subìto gol in nove delle ultime dieci gare, vedendo la propria porta battuta anche nei recenti cinque incontri disputati allo Stadium.

Cifre non all'altezza della Juve di Conte.

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