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Il Milan vacilla come la pazienza di Berlusconi

Crepe nella squadra, Inzaghi pasticcia e il presidente è seccato

Il presidente Silvio Berlusconi e Filippo Inzaghi a Milanello
Il presidente Silvio Berlusconi e Filippo Inzaghi a Milanello

Tra la bella prova dell'Olimpico con la Roma (sabato 20 dicembre 2014), 0 a 0 pieno di discreto calcio e la scoraggiante serata dell'Olimpico di Torino (sabato 10 gennaio 2015), colmo di inquietanti sintomi, sono passate appena tre settimane. E nel giro di appena tre settimane, una di vacanza, l'altra spesa a Dubai (amichevole col Real Madrid) per realizzare una discutibilissima preparazione, il Milan è sparito all'orizzonte ed è venuto alla ribalta un altro Milan, irriconoscibile per certi versi. Che ai difetti antichi e risaputi (gol subiti da calcio piazzato), ha aggiunto una impressionante involuzione negli schemi, nella personalità e condizione fisica di molti. Denunciando una strana sindrome: appena balza in groppa al risultato, invece di esaltarsi, precipita nel pozzo nero della insicurezza. «Devo far capire loro che bisogna avere coraggio in queste circostanze» la desolata riflessione del tecnico. Pippo Inzaghi ( nella foto ), all'ennesima fuori pista, è andato in tilt. E non solo perché durante l'intervallo (1 a 0 il risultato ma una striscia di palle-gol lasciate ai granata) lo hanno sentito urlare e strepitare, non solo perché con quella mossa conclusiva (Alex lanciato nella mischia togliendo l'unico attaccante a disposizione, Menez) ha provato a riesumare il catenaccio d'antan con quel 4-5-0 che avrebbe fatto arrossire anche i maestri di quella tattica.

Non è così che può guadagnarsi la stima e la protezione del presidente Silvio Berlusconi, il cui umore è in perfetta traiettoria con il rendimento del gruppo, in caduta libera insomma. Anche nella comunicazione Inzaghi ha cominciato a zoppicare maledettamente tirando fuori chiavi di lettura fantasiose tipo «abbiamo avuto la seconda palla-gol». Forse è il caso che ascolti e prenda spunto da qualche suo maturo allievo, Ignazio Abate il quale si è segnalato per una visione lucidissima del declino rossonero. «Eravamo in 10 e non in 8» ha chiosato come per far capire che quell'orribile catenaccio allestito non è imputabile all'uomo in meno. E se De Sciglio (rincuorato da una lunga telefonata di Galliani) è diventato, sotto gli occhi di staff tecnico, amici, parenti, agente e consiglieri, un caso clinico, è egualmente preoccupante la reazione isterica di Muntari dopo la sostituzione (necessaria) mentre Pazzini, che si è scaldato per buoni 20 minuti, è rimasto di sale quando ha visto entrare al posto di Menez Alex. Il cosiddetto gruppo coeso, propagandato come il primo risultato ottenuto dalla nuova gestione, sta denunciando qualche crepa. Ambrosini, che è un conoscitore delle abitudini della società, ha anticipato: «Vedrete, il club non prenderà provvedimenti, sarà Inzaghi a parlarne con i dirigenti».

Qui se non migliorano (da martedì, a S. Siro rivincita in coppa Italia col Sassuolo) condizione fisica e gioco, nemmeno il mercato farà miracoli. Perché Pazzini ha detto chiaro (a Galliani) che non intende muoversi prima della fine del contratto (no al Parma), allontanando l'arrivo di Destro. Il viaggio a Milano di Suso è il possibile prologo a un anticipo del trasferimento (previsto a giugno) del centrocampista spagnolo. Se il Liverpool dovesse liberarlo, Van Ginkel potrebbe tornarsene in Olanda, via Chelsea.

Il Sassuolo ha chiesto Saponara che ha rifiutato Bologna.

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