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Crisi vera per Mou, gloria finta per Balo. Destini incrociati dei mai amici

José: "Io peggiore al mondo". Mario re in Ligue 1, ma è un campionato minore

Crisi vera per Mou, gloria finta per Balo. Destini incrociati dei mai amici

Diceva Angelo Massimino, presidente del Catania: «Nel calcio c'è chi può e chi non può. IO PUO'. Aveva ragione. Josè Mourinho non può. Mario Balotelli può. Tutti e tre appartengono comunque al meraviglioso circo del football. Pace all'anima di Angelo vulcanico catanese, è il momento dei due reduci dal teatrino italiano. Tempi belli, ormai andati, il calcio non riconosce eredità, nemmeno gli interessi. Così dunque Josè Mourinho da special one è diventato one, uno e nemmeno speciale oltre al conto corrente bancario e a quello che gli passa la famiglia americana dei Glazer, proprietaria del Manchester United. La squadra non va, la frizione slitta, le marce non entrano, la carburazione è ingolfata, Pogba è un indossatore di calcio ma serve un camallo che si carichi il gioco, Ibrahimovic è passato dalla ville lumiére alle luci basse della città di Anthony Burgess. Per il momento non c'è trippa per gatti, i diavoli rossi sono angioletti presi a schiaffi in Inghilterra e in Europa, Mourinho ha sopportato, con tono imprevisto, direi sconsolato. Poi si è improvvisamente acceso ed è esploso come lui sa fare, contro i giornalisti: «Tutti Einstein, non possono cancellare sedici anni di carriera». Ora come diceva il genio tedesco tutto è relativo, Mourinho capisca che i sedici anni, al cambio del football, non valgono un penny se oggi il Manchester raccoglie soltanto miserie e fischi e pernacchie. Ieri, come un capriccioso attore alla domanda su quanto sia difficile rivincere in Premier league, ha detto «non sono molte le squadre che ci sono riuscite, una di queste è il Manchester United, un'altra ce l'ha fatta pur allenata dal peggior tecnico della storia del calcio». Mourinho va davanti allo specchio e scopre che non è più il più bello del reame e c'è gente, tipo Guardiola, che lo ha spodestato dal trono, proprio a Manchester.

In contemporanea, sulla dolce costa Azzurra, Mario Balotelli vive la dolce vita della Ligue 1, dove diventano facilmente fenomeni anche i passeggeri del pallone. Lui, a Nizza, fa il pieno e non nei due casinò della città ma all'Allianz Riviera, lo stadio dove le Gym (Olympique Gymnaste Club de Nice CÔte d'Azur) si esibisce. I balotelliani assicurano che ormai il peggio è passato, SuperMario è il campione, vero, definito e definitivo, la speranza della nazionale di Ventura, l'uomo che ha cancellato il bad boy, il calciatore che finalmente sta dimostrando di essere un talento, anzi un campione assoluto. Preferirei la prudenza. L'euforia è già apparsa in altre occasioni, a Milano, a Manchester, a Liverpool, a Coverciano, cambiando l'ordine delle maglie il prodotto non è mai cambiato. Accade comunque che la strana coppia Mou-Ba viva questo incrocio sghembo, contrario, opposto. «Inesperienza? Tra cinque anni parleremo ancora dell'inesperienza di Balotelli». Era il Duemila e nove quando Mourinho così parlava del ragazzo. Gli anni trascorsi sono sette, due in più della sentenza. Balotelli è passato dall'inesperienza all'esperienza, la scommessa di Mino Raiola rischia di passare alla storia più degli stramilioni di Pogba o di Ibrahimovic.

Cose che càpitano, congiunture astrali, situazioni fortunose e fortunate. Mourinho sa benissimo che se c'è un Einstein nel calcio questo non si intravvede tra i giornalisti ma è lui il titolare del diritto e gli segnalo una dei pensieri migliori del fisico di Ulm: «Due sole cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, riguardo l'universo ho ancora dei dubbi».

Il dubbio sarebbe anche una virtù, Balotelli non ha dubbi ma soltanto virtù. È sicuro di essere incompreso, gli altri non capiscono di calcio, non sono nemmeno Einstein ma semplicemente idioti. Dal che si deduce che almeno in questo Mou e Ba sono affini.

Alla prossima.

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