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Dagli israeliani ai cechi L'Inter colleziona solo eurofiguracce

De Boer sprofonda contro lo Sparta Praga e finisce in 10. La coppa non interessa, ma...

Dagli israeliani ai cechi L'Inter colleziona  solo eurofiguracce

All'Inter l'Europa non piace. E non interessa. Perché a Praga è arrivata un'altra sconfitta, la seconda in due partite nel girone, con un'altra prestazione da incubo. Il 3-1 rimediato in terra ceca è la cartolina di tornasole di un divario troppo ampio e marcato tra le parole di Ronald De Boer alla vigilia della sfida («Voglio vincere l'Europa League, noi scendiamo in campo sempre per il successo») e quanto mostrato dalla truppa meneghina in campo. E per chi pensava che sarebbe stato difficile fare un passo indietro rispetto alla gara di San Siro contro l'Hapoel Beer Sheva, la prova offerta soprattutto nel primo tempo contro lo Sparta Praga è stata forse anche peggiore: «Ci dobbiamo riscattare in Europa League, come fatto in Serie A» aveva tuonato nel pre partita il vicepresidente Javier Zanetti. Messaggio non raccolto. E la qualificazione al turno successivo inizia a delinearsi come un miracolo per il quale questa squadra non pare essere attrezzata.

Ma forse la verità è che l'Europa League non interessa al Biscione. Né alla società, tantomeno al tecnico e ai giocatori. Non sarebbe un fattore di novità, visto che nel corso degli ultimi anni le formazioni italiane hanno sempre dato un'importanza relativa alla seconda competizione europea. Ma non si può non notare come siano troppi i fattori per i quali al primo posto, a torto o ragione, c'è il campionato e il conseguente ingresso nella prossima edizione della Champions League. Tutto il resto conta relativamente.

A livello societario il lasciare fuori dalla lista Uefa per rispettare i dettami del Fair Play Finanziario Kondogbia, Joao Mario, Gabigol e Jovetic è stato un chiaro segnale sulle priorità da dare in stagione. Rimane da chiedersi l'utilità del montenegrino in Serie A, ma questo sarà l'allenatore a deciderlo.

Da parte sua anche De Boer si è dimostrato poco propenso a valorizzare questa manifestazione: perché il suo «Voglio vincere l'Europa League» ha cozzato troppo con lo schierare titolare un Palacio ultima scelta in attacco; un Felipe Melo spaesato e incostante; e richiamare in panchina a metà del secondo tempo Candreva, il migliore dell'Inter fino a quel momento, lasciando bighellonare per il campo l'ectoplasma Eder e lo stesso Palacio. Ovvio che, a lungo andare, si raccolgono in giro per l'Europa solo figuracce, che non fanno bene né all'immagine della società, né ai giocatori stessi. Che entrano in campo demotivati, poco concentrati e poco propensi al sacrificio. In una parola, con un'assenza totale del piglio da grande squadra, quella che invece De Boer dice di avere per le mani.

E poco è servito nella ripresa l'ingresso in campo di Perisic e Icardi, se non a dare un ovvio equilibrio con l'arretramento di Banega al centro per una costruzione della manovra molto più fluida e ragionata. Il tutto, però, rovinato dall'espulsione di Ranocchia e dal terzo gol dello Sparta Praga, che dopo aver eliminato l'anno scorso la Lazio si è ripetuta anche contro l'Inter. Dando una lezione ai "maestri italiani" di volontà, perfetto approccio alla gara e voglia di proseguire nella competizione. E l'immagine che riassume tutto è quella di De Boer che, in panchina, si tocca la tempia pensieroso: la sua Inter è andata in svantaggio 7 volte su 8 in questo inizio di stagione. E questo è un problema da risolvere il prima possibile: perché magari in Serie A non si vedranno i grossolani errori di Praga, ma sicuramente sarà necessario un piglio da grande squadra per poter raggiungere la qualificazione in Champions League.

Quello che, finora, si è visto solo ad intermittenza.

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