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Djokovic è tornato inarrestabile. E il merito è (anche) di Cecchinato

Dopo la sconfitta con l'azzurro, Nole è rinato e ha vinto Wimbledon e Us Open

Djokovic è tornato  inarrestabile. E il merito è (anche) di Cecchinato

E adesso chi glielo spiega agli altri che è tutta colpa di un italiano? «È successo tutto il giorno della sconfitta con Cecchinato a Parigi: ero deluso perché sentivo che stavo tornando al mio livello. Così ho deciso di staccare qualche giorno, e...». Appunto: e...

Se Novak Djokovic è arrivato a vincere gli Us Open, a raggiungere Sampras a quota 14 negli Slam, a sembrare di nuovo il RoboNole che era prima dell'infortunio al gomito, lo deve a quella sconfitta e al viaggio dentro se stesso fatto nei giorni seguenti. Con la moglie Jelena è partito per fare trekking sul monte Victoire in Francia: arrivato in cima si è seduto a respirare e ha visto il suo nuovo orizzonte. «Davvero: devo molto a mia moglie e a quel viaggio: 5 giorni da soli per ritrovare me stesso e osservare il mondo da un'altra prospettiva, per trovare nuova ispirazione, nuove motivazioni. Ho pensato al tennis, alle emozioni che esso provoca in me. È stato molto positivo, avevo la sensazione di respirare di nuovo questo sport: dopo è cambiato tutto».

O meglio dopo è tornato tutto indietro, al Novak Djokovic dominatore del circuito e impossibile da far stancare e superare: ci ha provato Del Potro nella finale (finita 6-3, 7-6, 6-3) di domenica, ma neanche la sua curva scatenata ha potuto nulla davanti alla resistenza implacabile del serbo. «La cosa buffa è che i tifosi argentini cantavano ole, ole, ole per incitare Juan Martin, ma io capivo Nole, Nole, Nole. E mi caricavo ancor di più». Tutta colpa di Cecchinato, insomma, che ha fatto scattare la molla che di solito i campioni hanno dentro. Tutta colpa per modo di dire s'intende, perché più di una sconfitta conta che Djokovic abbiamo rimesso a posto il puzzle dei suoi pensieri, ritrovando nel suo angolo lo storico coach Marian Vajda che probabilmente ha la pozione giusta per far esplodere la sua magia.

Ora la domanda torna ad essere quella di qualche tempo fa: con un Federer un po' spento, un Nadal infortunato e una nuova generazione ancora troppo acerba, chi può fermarlo? La risposta è difficile, perché il nuovo Novak (da ieri risalito al numero 3 del mondo) sembra in realtà seppure peggio di quello vecchio: «Questo successo è diverso perché la mia vita ha avuto degli alti e bassi negli ultimi due anni: sono diventato padre due volte, sono stato lontano dal tour per sei mesi, ho avuto un'operazione chirurgica, tante cose diverse. Se in febbraio mi aveste detto che avrei vinto Wimbledon, New York e Cincinnati, sarebbe stato difficile crederci. Ma, allo stesso tempo, c'è sempre stata una parte di me che sperava potessi tornare molto presto ai livelli desiderati. Invece mi ci sono voluti tre o quattro mesi: in quel periodo di transizione, ho imparato molte cose su di me e ho imparato ad essere paziente. La vita mi ha mostrato che ci vuole tempo per fare bene certe cose, che è necessario concentrarsi su noi stessi e trovare il giusto equilibrio. Così gli ultimi due mesi sono stati straordinari».

E il futuro, a questo punto, pare ancora meglio.

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