Sport

E Ancelotti se la ride del sarrismo

di Tony Damascelli

J uventus e Napoli. Come era prevedibile. Passeggia la squadra di Ancelotti a Torino, contro un avversario che non è nulla se non nell'insegna societaria. Inutile parlare degli orfani di Sarri (ieri al primo pareggio con il Chelsea contro il non irresistibile West Ham), inedite le scelte di Ancelotti che ha schierato quattro puffi in avanti, Callejon, Verdi, Mertens e Insigne, soluzione veloce e vincente. Meno agevole la trasferta della Juventus in Ciociaria. Catenaccio dei bei tempi, anche giustificato, dei frusinati, Juventus poco lucida e assai lenta, il caldo ha frenato idee e gambe, Cristiano Ronaldo ha salvato una serata balorda del gruppo, Allegri ha mischiato nuovamente le carte, rinunciando in avvio a Cancelo e Bernardeschi (decisivo quando è entrato), ancora indolente e indisponente Dybala che sta diventando davvero un problema per il tecnico livornese e per la società che vede il valore dell'argentino depauperato continuamente proprio dal comportamento del giocatore. Sta di fatto che la Juventus ha provato ma con confusione, Ronaldo ha lottato di forza e di astuzia, Mandzukic non pervenuto, totale: quinta partita, quinta vittoria.

Dietro le due, si è svegliata la Lazio, finalmente spavalda mentre sono guai grossi per la Roma che è andata in ritiro punitivo. Squadra malinconica, Di Francesco annuncia rivoluzioni, Pallotta da Boston si dice disgustato, è una Roma brutta che ha smarrito autostima e qualità, cercando di scaricare sulla società errori ed omissioni di allenatore e calciatori. Il derby di sabato potrebbe essere l'ultima prova per Di Francesco, l'ombra di Conte (fantasiosa) e di Ranieri (romantica e de noantri) è pesante. Non sta benissimo il Milan che illude, si illude, ha il solito grande Higuain ma poi si perde quando l'Atalanta rimedia alla formazione iniziale con l'ingresso di Zapata e Rigoni. Gattuso non cerca scuse e parla di deficit fisico. Sta bene l'Inter ma non così il suo allenatore, perché Spalletti rende acido anche lo zucchero, vede ombre dovunque, anche nel deserto, pensa che il mondo gli vada contro, si sfoga dopo un gol, urla contro il cameraman, il quarto arbitro, il giornalista, insomma riesce a non essere sereno nemmeno dopo due vittorie, di Champions e di campionato. Basterebbe ricordargli che allenare l'Inter è un privilegio, un premio e non una sofferenza. Se non si sente sicuro e protetto, può cambiare domicilio o mestiere, altri siti attendono la sua serenità certaldesca.

Alla prossima.

Commenti