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Come Enzo cancellò subito i sorrisetti ironici dei critici

di Enrico Benzing

Considerando che il primo gran premio a cui ho assistito, da ragazzo, è stato il memorabile Circuito del Parco, a Milano, dietro alla Stazione Nord, nel 1946, dove il mio maestro, Giovanni Canestrini, grande firma de La Gazzetta dello Sport, mi permise di stringere la mano a Nuvolari e a Varzi, i miei beniamini, posso ricordare che nel 1947 - era la volta del Gp della Fiera di Milano - mi sentivo già un esperto. Così avviene per i giovani. E nell'ambiente, che potevo frequentare, poco prima di avventurarmi nella professione, posso ricordare come era stato accolto l'arrivo della Ferrari. Con grande rispetto, giacché il Drake aveva già un brillante passato, come pilota dell'Alfa Romeo e come fondatore della Scuderia, che proprio le Alfa aveva ricevuto in gestione. Eppure, nel 1947, anno di istituzione della Formula 1 (prima si correva con le monoposto da grand prix), s'incontravano anche sorrisetti ironici. Come dire: dove crede di andare questa nuova Ferrari, in un campo con le memorabili Alfetta 1.500 a compressore o con le decantate Maserati o con le grosse Talbot 4.500 ad alimentazione atmosferica? E ci si chiedeva cosa avrebbe potuto ottenere la nuova 125 Grand Prix, 1.500 a 12 cilindri con compressore. Ma quei sorrisetti ironici erano subito scomparsi, non solo ai primissimi cimenti, un po' provinciali, ma soprattutto nella prima vera stagione del 1948, con il Gp d'Italia a Torino: partenza in prima fila e 3 posto in classifica, per merito di Sommer. Era la 125/F1, nata già grande. Primo anello di una splendida catena, che conosciamo a menadito.

Piccole dimensioni a Maranello, ma 70 anni di grandi conquiste tecniche e di fama nel mondo intero, in una fantastica saga che continua mirabilmente a stupire.

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