Sport

Fabris: «Torino 2006 spot perfetto per Roma 2024»

Vinse 2 ori e un bronzo nel pattinaggio veloce: «Furono Giochi convincenti e pieni di calore»

Sergio ArcobelliEsattamente dieci anni fa si apriva il sipario su Torino 2006, la terza Olimpiade ospitata in Italia dopo Cortina '56 e Roma '60, in attesa magari di fare poker con Roma 2024. Un'edizione dei Giochi che ci ha regalato i trionfi di protagonisti indimenticabili come Armin Zoeggeler, Arianna Fontana e i ragazzi della staffetta del fondo. Anche se nella spedizione italiana, a brillare maggiormente fu la stella di Enrico Fabris, che nel pattinaggio di velocità intascò la bellezza di due ori (così come Giorgio Di Centa), più una medaglia di bronzo. L'allora 25enne di Roana, nell'altopiano di Asiago, fu infatti autore di una delle pagine più belle del nostro sport. Non solo riuscì nell'impresa di diventare il primo atleta italiano dello speed skating a salire sul podio olimpico, ma il suo apporto fu fondamentale nel trascinare al trionfo anche i compagni di squadra. Fabris, in quelle settimane fu l'assoluto protagonista dei Giochi. Il momento decisivo?«Il bronzo conquistato nei 5000 metri, perché arrivato nel primo giorno. Ero tra i favoriti, gareggiavo in casa ed ero particolarmente nervoso. Correvo anche nell'ultima batteria e alla fine non ne avevo più. Quella medaglia fu la prima di un italiano nel pattinaggio di velocità. Fu la chiave di volta delle mie Olimpiadi perché da lì in poi mi sono sciolto completamente. Dopo quella medaglia mi sono lasciato andare. Ho fatto 10 giorni quasi giocando!».Quale delle due medaglie d'oro la inorgoglisce maggiormente?«In realtà, le due medaglie hanno ugual valore. Quella nell'inseguimento a squadre (con Matteo Anesi, Ippolito Sanfratello e Stefano Donagrandi ndr) ha un sapore particolare, mentre quella individuale nei 1500 metri è solo mia, frutto del mio lavoro. Non riesco a fare una classifica. Quello che mi resta è l'emozione del podio olimpico, un misto tra soddisfazione e confusione. Ma ero consapevole che cantare l'inno in una piazza gremita di pubblico italiano è una fortuna che hanno in pochi. Ho cercato quindi di viverlo al massimo sapendo che da lì a poco sarebbe finito tutto. A distanza di 10 anni ogni tanto mi ritrovo a chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo per gustarmi quel momento».Cosa l'ha colpita di più di quella edizione dei Giochi?«A Torino è stato bellissimo avere i volontari del villaggio e della pista che ci hanno accolti dal primo giorno con un calore e una disponibilità uniche. Poi col tempo e grazie ai risultati io e i miei compagni ci siamo affezionati a loro. Ciò ha contribuito a farci sentire ancor di più a casa. Ma ricordo anche la cerimonia di apertura con i brividi per quella bambina che cantava l'inno nazionale...».Pensa che l'efficienza nell'organizzazione di Torino 2006 possa essere lo spot giusto anche per Roma 2024?«Per me Torino è stata convincente ed emozionante per gli italiani. Un ricordo così sarebbe perfetto per un'altra Olimpiade in Italia».Nella sua carriera è mancato solo un titolo iridato. Rammarico?«L'unico grande obiettivo che non ho raggiunto è proprio questo. Se potessi fondere i sette argenti conquistati ai Mondiali con una medaglia del valore più pregiato lo farei volentieri.

Ma avendo agguantato l'alloro olimpico, mi sento appagato».

Commenti