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La farsa della "mano de Dios" e le tante Coree dell'Italietta

La beffa di Maradona, la coppa insanguinata di Videla ma anche Ronaldo barcollante e le maledizioni del Brasile

La farsa della "mano de Dios" e le tante Coree dell'Italietta

S i fa presto a dire Mano de Dios. Però quella mano ci mostrò la miglior commedia dell'arte maradoniana. Siamo sicuri che Dios fosse d'accordo con il Diego Armando? No, non lo siamo. Non possiamo esserlo. L'arbitro ci mise del suo con un chiaro abbassamento di diottrie. Maradona ci raccontò una ineguagliabile turlupinatura, con tanto di testa alta e fiera, mano levata a mostrar la forza del condottiero e gli inglesi a mani giunte dall'arbitro per non sentirsi sbertucciati come mai nella storia patria. Poi Maradona rimediò con la prodezza, il marchio d'autore diventato il gol del secolo. E tutti dimenticarono. Meglio: finsero di non ricordare che la mano de Dios avviò un quarto di finale, vinto 2-1, e lanciò l'Argentina verso la finale e il successo contro la Germania (3-2). La moviola fece giustizia. Ma solo fuori campo.

Da un'Argentina all'altra

Maradona fu un falsario dal colpo di genio. Meglio dimenticare. Direte: c'è stato di peggio. Purtroppo tocca ancora l'Argentina. Paese organizzatore nell'anno di disgrazia civile 1978. Il generale Videla e le sue truppe di potere ci mostrarono il mondiale dei desaparecidos. La squadra guidata dal ct Menotti doveva coprire i crimini della giunta militare. Il pallone vagava in campi che non potevano essere verdi speranza. Giusto? Ingiusto giocare in un Paese infestato dalle atrocità? Giocarono. Chi frequentò Buenos Aires e dintorni comprese dolore, barbarie e disperazione: dissidenti del regime torturati, giustiziati e fatti sparire nell'Oceano. Madri, mogli, sorelle non ne seppero più nulla. Johann Crujyff si rifiutò di esserci. Alle cronache di morte si aggiunsero quelle truffaldine del pallone: una marmelada peruana, per noi sarebbe un biscotto, permise alla squadra di casa di eliminare il Brasile e giungere in finale al termine di un girone a quattro: serviva battere il Perù con 4 gol di scarto. Ed allora Quiroga, portiere peruviano di nazionalità argentina, si addormentò per ben sei volte. Poi ci pensò l'arbitro italiano Gonella nella finale contro l'Olanda: fece di tutto per far infuriare gli olandesi che, per protesta, nemmeno si presentarono alla premiazione.

L'incubo delle cenerentole

L'Italia trova sempre un modo per far storia. Inseguita da arbitri maledetti o dalla maledizione di piccole nazioni. E' stata una Corea è entrato nel dire comune per dimenticare la disfatta del 1966. Poi rieditata nel 2002. Il politically correct non ha voluto distinzioni: prima la Corea del Nord, in seguito quella del Sud ci hanno fatto neri. Un piccoletto coreano, Pak Do Ik, accreditato come dentista, è stato l'incubo nostro per decine di anni. Corea del Nord, squadra di dilettanti pallonari, meglio di un mago Silvan nel far sparire l'azzurro pallido di Bulgarelli, Facchetti, Rivera, Mazzola. In quella edizione, per il vero, scomparve anche la coppa Rimet, poi ritrovata dal fiuto di un cagnolino. E ci fu il gol fantasma di Peter Hurst nella finale fra gli inglesi e la Germania. La lista dell'azzurro tenebra contro le piccole, maledette e toste si allungò nel tempo con la Corea del Sud, che ai mondiali nippocoerani 2002, rovinò la faccia di una squadra di stelle guidata da Trapattoni. L'arbitro Byron Moreno fu irreprensibile nel far malefatte, ma gli azzurri misero molto di più per farsi eliminare. Infine Costarica e Slovacchia hanno segnato il fine corsa in eventi più recenti.

Dal Maracanzo al Mineirazo

Meglio dimenticare i mondiali in Brasile, soprattutto per i brasiliani. Non c'è Brasile che tenga. Catastrofi popolari, suicidio calcistico di massa: 64 anni da una storia all'altra. Dal Maracanazo 1950 al Mineirazo 2014 il pallone ha impresso il marchio del disonore e mostrato il cinismo di una sceneggiatura. Gabriel Barbosa, portiere verde-oro nel 1950, scontò per la vita l'incursione vincente di Alcide Ghiggia nella finale che l'Uruguay vinse 2-1 nei minuti conclusivi. Quel 16 luglio il Maracanà, caldo di 200 mila persone, cadde nello sconforto e nel silenzio. Dramma nazionale tra morti per infarto e suicidi. Anni più tardi Ghiggia ironizzò: «Solo tre persone hanno fatto tacere il Maracanà: Frank Sinatra, il Papa ed io». Ma il gioco del destino è stato perverso. Il mondiale 2014 voleva celebrare una rivincita: diventò, invece, quello di un'altra sciagura. Brasile umiliato 7-1 dalla Germania, nella semifinale di Belo Horizonte: la sua porta mai subì tanti gol in una volta sola. Dalla storia alla leggenda.

Il fantasma del Fenomeno

E che dire di Francia 1998? Il fantasma ciondondolante di Ronaldo angosciò tutti nella finale del Brasile contro la Francia. Doveva essere la consacrazione del Fenomeno, diventò l'agonia. Ronaldo lo fece definitivamente intuire il giorno dopo, mentre scendeva barcollante e inebetito la scaletta dell'aereo che lo aveva riportato a casa. Mai si seppe cosa fosse realmente successo nel ritiro del Brasile. Roberto Carlos, suo compagno di stanza, raccontò di averlo visto sudare, la lingua rovesciata. Foto raggelante.

No, Ronaldo non merita di essere ricordato così.

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