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"Federer e Nadal veri numeri 1. Una generazione di fenomeni"

Intervista a John McEnroe: "Con la fisicità del tennis di oggi fanno cose incredibili. Il mio erede? Se giocassi ora vorrei essere Shapovalov"

"Federer e Nadal veri numeri 1. Una generazione di fenomeni"

Nel 1979 John McEnroe e Ilie Nastase erano in campo nel più incredibile secondo turno di sempre agli Us Open. La partita visse due volte, tra colpi magici, insulti, dispetti e cabaret. La prima finì con la squalifica di Nastase che ingiungeva a McEnroe di non chiamarlo «figlio di...», ma «signor figlio di...». La seconda ricominciò dopo 18 minuti di sospensione con il giudice capo del torneo che sostituì l'arbitro di sedia e decise di riprendere il match. Alla fine vinse comunque John, e i due si fecero un sacco di risate a cena.

Altri tempi: Nastase oggi resta un reietto del tennis, visto che la sua lingua è sempre troppo lunga. Mc Enroe invece è diventato un numero uno dei commentatori, con tanto di rubrica su Eurosport durante i tornei dello Slam. Le sue parole restano affilate, «ma il tennis è un altro mondo: avevamo anche noi un calendario lungo, ma oggi il gioco è più fisico, si picchia più forte, i tempi di reazione sono più veloci, i giocatori più grossi. E ci si fa più male».

Ecco John, appunto: i Top 4 entrano ed escono dall'infermeria.

«Infatti. Però è anche vero che proprio per questo si tratta di una generazione straordinaria. E quello che hanno fatto Federer e Nadal ha dello straordinario. Rafa qui a New York ha dimostrato di essere un numero uno. Però Roger...».

Era molto deluso dopo aver perso con Del Potro.

«È normale, ma anche lui sa come tutti noi che in questi giorni non abbiamo visto il vero Federer. La sua condizione fisica non è mai stata al top. Però devo dire che quello che ha fatto quest'anno, tornare a vincere due Slam, è stato straordinario. Anzi, di più...».

Cioè?

«È la cosa più incredibile che ho visto fare nella mia vita a un uomo della sua età».

Parliamo della Next Gen.

«Prima parliamo di quelli in mezzo: Dimitrov, Raonic. Ed anche Thiem in fondo. Il prossimo anno sarà decisivo: se non riusciranno a vincere uno Slam, mi sa che sarà una generazione quasi perduta».

La maggiore delusione di New York?

«Due. Uno è Zverev: guardando il tabellone aveva un'autostrada. E invece si è fermato subito, dopo una stagione in cui sembrava dovesse esplodere. Una cosa è vincere un Master 1000, un'altra uno Slam. Non basta picchiare la palla».

Lo potrà aiutare Becker, ora responsabile del tennis tedesco?

«Sicuramente? Boris è stato un grande campione: non era il migliore ma ha vinto tanto. Non faceva il coach, ma ha vinto quando si è messo a farlo. E spero anche che l'altro Zverev, Misha, ispiri i ragazzi a giocare serve and volley».

L'altra delusione?

«Dimitrov, la più grande. Era il nuovo Federer, quest'anno sembrava si stesse riprendendo bene. Qui è caduto male: se non sta attento ci sono altri giocatori che lo stanno sorpassando».

Chi?

«Su tutti Shapovalov: mi impressiona la sua crescita e la sua personalità. E poi ci sono Coric e Tiafoe, un vero atleta che deve solo mettere a posto alcune cose tecniche. Ci sarebbe Kyrios, ma lì è una questione di testa».

Tra le donne il livello sembra tendere al basso.

«Beh, qui c'è stato il big boom di 4 americane in semifinale e la Stephens è stata perfetta. Però mancava Serena».

La più grande di sempre?

«Assolutamente. La migliore, anche nell'intimidire psicologicamente le avversarie. Dice che vuol tornare in Australia? È stata ferma a lungo e non so come sia andata la gravidanza: ma chi può escludere che possa vincere?».

E dietro di lei...

«Mah, la Muguruza forse è la migliore numero uno possibile. Non c'è paragone con Serena e ha troppi up and down, ma probabilmente può vincere altri Slam».

Esiste invece un erede di McEnroe?

«Shapovalov, senza alcun dubbio: stessa taglia, mancino, grande energia, talento.

È la versione di quello che vorrei essere io se giocassi oggi».

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