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Ferrari, Nibali e Juventus. Ma che domenica bestiale

La giornata no vissuta da alcune delle (poche) certezze del nostro sport fra strategie rischiose, gomme esplose, imbarazzanti squalifiche e palloni sgonfi

Ferrari, Nibali e Juventus. Ma che domenica bestiale

È fuori discussione. L'Italia non può permettersi di mandare in mondovisione i petali di rosa del clan Casamonica. Attraversiamo un periodo bruttino. Fatto di crisi, spread, Germanie, Merkel, cose così. Era una figuraccia da evitare. Ma l'Italia non ha bisogno neppure di fare brutte figure nelle sport. Perché lo sport, lo svago, il cazzeggio applicato alla passione, soprattutto nei momenti bruttini a livello sociale come questo, diventano un formidabile gancio a cui aggrapparsi per provare a sorridere nonostante tutto. Nel duemilaedodici, giusto per rendere l'idea, tale Fernando Alonso, con l'Italia e la sua Spagna in crisi nera e molto Pig, andò a vincere con la Ferrari in quel di Germania. Così si fa, e che diamine! Ma non facciamo più così. Ora facciamo che la Rossa quasi quasi rischia di ammazzare un tedesco il che, con tutto il bene che vogliamo alla Merkel, è un tantino eccessivo. Ora facciamo che il povero e coraggioso Vettel si ritrova senza una gomma un attimo dopo essere transitato nel punto più pericoloso di tutto il campionato di F1: la compressione dell'Eau Rouge, a Spa. La Ferrari in difficoltà con la Mercedes, sempre i tedeschi di mezzo, ha infatti provato a non cambiare gomme e una di queste è scoppiata a un giro e mezzo dalla fine.

Già, le gomme. Le produce la Pirelli, azienda vanto per noi italiani che in periodi bruttini come questi avremmo tanto bisogno ci desse l'opportunità di vantarci e invece niente. Perché alle ottime gomme che la Casa milanese produce per le auto di tutti i giorni fanno da contraltare le gomme che realizza per la F1 e che sono ottime solo per Bernie Ecclestone. Il boss che tutto decide. E che, per capirci, vuole toglierci il Gp di Monza. Big Bernie chiede infatti show e sorpassi e ha voluto gomme che calassero di prestazione all'improvviso imponendo sostituzioni, soste, pit e cambi al vertice. Risultato? Un casino. Sono quattro anni che si va avanti così perché Pirelli ha detto troppi sì e pochi no. Nel 2013 a Silverstone furono scoppi a ripetizione e finalmente l'azienda puntò un po' i piedi. Ma deve farlo di più. Parla chiaro lo scoppio improvviso della gomma di Vettel che in Belgio ha trasformato l'azzardo ferrarista in una sciocchezza e Vettel in un miracolato. Pirelli l'ha detto domenica e ripetuto ieri: «Avevamo spiegato che in gara servivano 2-3 soste e da tempo chiediamo che venga introdotto un limite di giri per ogni treno di gomme e invece i team non si mettono d'accordo...» è il senso. L'Italia che ha bisogno di belle figure impone che non si attenda l'accordo dei team, ma che la Pirelli lo imponga e punto. Prendere o lasciare sennò correte con gli zoccoli della Merkel. Questo, fermo restando che se si imponesse anche nel fare gomme meno di burro sarebbe meglio.

Quanto avvenuto nel ciclismo è addirittura peggio. Perché l'estate scorsa Vincenzo Nibali era stato il simbolo dell'Italia che ce la fa anche nel mezzo dei periodi tanto bruttini. Per di più un'Italia che trionfa in casa dei francesi che è sempre una gran bella soddisfazione. Passi per il Tour 2015 andato malaccio, non passi per la figura di palta rimediata dal siciliano in casa degli spagnoli alla Vuelta. Il video di Vincenzo attaccato all'ammiraglia che si fa spingere per 150 metri fa molto Mister Bean ma fa anche molta rabbia. Meno male che l'altra notte su Facebook Vincenzo ha detto la sua e soprattutto chiesto scusa. Ha sbagliato, ma più di lui, ha sbagliato il suo direttore sportivo che avrebbe dovuto avvisarlo visto che di solito l'atleta è stanco e adrenalinico e il ds è lì per ragionare. Invece squalificato anche il ds.

Rispetto a F1 e ciclismo, è pochissima cosa la figuraccia rimediata da Signora Juventus vice campione d'Europa battuta in casa alla prima di campionato dall'Udinese. Abbastanza però per aver fatto sorridere Mou e il Chelsea, Messi e il Barça, CR7 e il Real e, quel che è peggio, Guardiola e il Bayern.

Sempre la Germania di mezzo.

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