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Gattuso picchia già sul Milan "Voglio gente da battaglia"

«Non farò la fine di Seedorf e Inzaghi, non sono solo cuore e grinta. Mi piacciono i tarantolati alla Cutrone»

Gattuso picchia già sul Milan "Voglio gente da battaglia"

Davide Pisoni
nostro inviato a Milanello

Il primo Ringhio per mettere insieme i cocci del Milan. Nella storia del Diavolo è scoccata l'ora del Gennaro Gattuso III: prima giocatore, poi allenatore della Primavera e adesso guida della prima squadra. «Il sogno continua» dice stringendo le mani a uno a uno ai presenti alla sua prima conferenza stampa. Niente cravatta, secondo bottone della camicia slacciato: il Gattuso-style prende subito la scena. Come si conviene a un padrone di casa. Perché, per il centrocampista che ha vinto tutto in rossonero, varcare il cancello di Milanello significa «entrare in Paradiso». Lo dice dopo aver girato Europa e Italia «per migliorare: ho preso legnate, mi sono fidato e ho fatto errori. Mi sottovalutano? Sono consapevole della mia forza».

Un Gattuso diverso, maturato all'Ofi Creta e a Pisa. Rivendica di avere il cv adatto: «Sono passato da Coverciano e non mi hanno regalato il patentino. Ho fatto più di cento panchine...». Non sono proprio state delle passeggiate: «Mancava ogni cosa, qui c'è tutto. Gli stipendi vengono pagati regolarmente». Gattuso non fa l'aziendalista ma è convinto della sua scelta: «Il Milan non è un rischio. Non sono un calcolatore. Rischio di bruciarmi, ma voglio vivere da protagonista. I punti in testa non me li metto prima di spaccarmela». Eppure c'è chi considera la sua avventura già finita ancora prima di iniziare, l'etichetta di «traghettatore» gliel'hanno già attaccata per bene: «Potevo pensarlo se mancavano 4-5 partite. Ci sono 72 punti a disposizione: non mi sento un traghettatore. So di non piacere a tutti, ho i miei difetti. Io mi definisco uno che tante volte deve imparare a contare. Sento lo stesso formicolio di quando giocavo. Mi sento vivo».

E dovrà rivitalizzare il Milan. Lunedì ha voluto subito incontrare una delegazione (Bonucci, Abate, Bonaventura, Zapata, Montolivo tra gli altri). Poi ha ribadito i concetti nello spogliatoio ieri mattina quando ha parlato alla squadra davanti all'ad Fassone e al ds Mirabelli, prima dell'allenamento subito intenso e guidato ad alta voce. Il primo discorso di Ringhio non è stato subito stile Conte alla sua prima Juve in lotta con il Milan di Gattuso per lo scudetto. Quelle parole entusiasmarono Rino che paragonò il collega ora al Chelsea ad Al Pacino. Ma arriverà anche quello, c'è da giurare. E magari il Milan potrebbe scoprire che il suo Conte ce l'ha già in casa, senza dovere andare a prenderlo a Londra la prossima estate. La sfida può essere questa per uno preceduto da bandiere come Seedorf e Inzaghi: «Il numero 10, il 9 e ora tocca all'8. Ma io non voglio fare la fine di Seedorf e Inzaghi».

Intanto Gattuso alcuni concetti sparsi qua e là li ribadisce via microfono: «Voglio senso di appartenenza, disciplina e sacrificio»; «quando si perde, a Milanello deve sembrare un funerale»; «non guardo la classifica, viviamo alla giornata. Con il Benevento deve essere come una finale di coppa del Mondo»; «la chiave per ripartire sono le foto delle squadre vincenti sui muri di Milanello»; «voglio uno spirito battagliero».

A proposito di guerriero, Gattuso ritiene riduttivo considerarlo «solo grinta e cuore. Sono e serve anche altro». E lui non vuole fare la figura degli «scappati di casa». Si riparte dalla difesa a tre, però prende le distanze tattiche da Vincenzo Montella: «Io sono per un calcio diverso. Lui ama il palleggio, per me a un certo punto bisogna andare in verticale». Si rivede in Kessiè; è incuriosito da Suso; conferma Bonucci capitano. E ai giocatori chiede di non scandalizzarsi «per qualche parola di troppo». «Non dobbiamo essere permalosi e portare rancore. Bisogna essere squadra, unita quando ci sarà da soffrire. Partiamo tutti alla pari, anche Cutrone, mi piace il suo essere tarantolato». Il concetto di gruppo è uno dei capisaldi del Gattuso pensiero.

Rivela che quando sul telefono lunedì ha visto comparire un suo fotomontaggio con Genny Savastano, protagonista di Gomorra, lo ha spento. Aveva già parlato con Silvio Berlusconi: «L'ho ascoltato con attenzione, non ho fatto finta. Mi ha parlato delle due punte, di come deve giocare la squadra. È un grande conoscitore di calcio». Con Yonghong Li non ha ancora parlato: «Lo faremo nei prossimi giorni, lui non parla inglese e nemmeno il calabrese». Tanti i messaggi, tra i quali quelli dei suoi ex allenatori: «Terim, Sacchi, Capello, Ancelotti... Che cosa mi hanno detto? Più o meno tutti la stessa cosa: picchia duro». Il martello Ringhio corre al lavoro chiudendo con una battuta: «Sono più lumbard che calabrese...

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